Il Bi e il Ba
In che cosa crediamo
Se molti di questi tempi hanno perso la fede nella scienza e nel diritto è perché all’una e all’altro mancano "sacerdoti" con understatement e senso dell’umorismo
“Noi uomini di chiesa siamo dei poco di buono”, mi disse anni fa a Santa Maria Maggiore un sacerdote con il senso dell’umorismo. “È Dio che dovete cercare, qui dentro”. A onor del vero, molti che si aggiravano imbambolati tra le navate nell’intervallo tra due messe, persi in quell’ubriacatura di mosaici e dorature resa appena meno intimidatoria dai ponteggi di non so quale restauro, non cercavano né il prete né Dio, cercavano l’arte.
Ma non potei fare a meno di pensare – come senz’altro avevano pensato i Papi – che la magnificenza di quell’impresa collettiva e plurisecolare avrebbe portato molti fedeli a dimenticare le manchevolezze del prete e a concentrarsi sul soprannaturale. L’episodio mi è tornato in mente ben due volte in questi giorni. La prima, quando Iuri Maria Prado ha ricordato sul Riformista una verità fondamentale: i politici si affannano a manifestare la loro servile “fiducia nella magistratura”, ma è nel diritto che dobbiamo credere, non nel clero che lo amministra.
La seconda, quando ho letto le ultime pagine del bel libro di Luca Simonetti, “La scienza in tribunale 2” (Fandango libri): non negli scienziati e nelle loro piccole vanità mediatiche dobbiamo credere, ma nella scienza, intesa come “impresa collettiva di ricerca incrementale della verità”, diciamo pure come basilica conoscitiva.
Ebbene, verrebbe da dire che se molti di questi tempi hanno perso la fede nel diritto o nella scienza, è perché troppo spesso all’una e all’altra mancano sacerdoti con l’understatement e il senso dell’umorismo di quel prete che incontrai a Santa Maria Maggiore tanto tempo fa.