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Il Bi e il Ba

Gli evangelisti della sfiducia

Guido Vitiello

Le teorie del complotto sono diventate i più efficaci meccanismi di adesione comunitaria del XXI secolo, scrive David Brooks sul New York Times. A differenza del reverendo Jones, Trump non ha trascinato i suoi seguaci in un suicidio collettivo. Ma non si dica che non ci ha provato

Dopo la chiusura della mente americana venne la decomposizione della mente repubblicana. Così la chiama David Brooks sul New York Times in un intervento illuminante di cui posso riportare appena uno stralcio, ma che raccomando per intero al lettore: “Le persone che vivono in una condizione precaria cercheranno storie che giustifichino la loro sfiducia e che le rinserrino in una comunità protetta di credenti.

 

Gli evangelisti della sfiducia, da Donald Trump ad Alex Jones ai seguaci di QAnon, si sono affermati raccontando quelle storie e offrendo quella comunità. Paradossalmente, le teorie del complotto sono diventate i più efficaci meccanismi di adesione comunitaria del Ventunesimo secolo”. È il motivo per cui lo sconcertante delirio paranoico-politico di QAnon è ormai studiato come una religione nascente.

  

Tutto questo mi ha riportato alla mente un vecchio libro del grande antropologo Marvin Harris, “America now”. Il “now” del titolo era il 1981, ma Harris ne faceva la base di lancio per congetture di lunga gittata. Per esempio, sul proliferare delle nuove sette. Non abbiamo a che fare con un risveglio religioso, diceva, ma con un tentativo di recuperare tramite oroscopi e formule magiche quel potere sugli eventi e sul mondo per cui gli strumenti tradizionali sembrano ormai inefficaci.

 

Ed ecco il suo colpo di dadi finale: “È troppo presto per domandarsi se il Terzo Grande Risveglio non sia l’inizio di una ‘notte bianca’ di Jonestown rappresentata su scala nazionale?”. Che dire, ci è andato vicino. A differenza del reverendo Jones, Trump non ha trascinato i suoi seguaci in un suicidio collettivo. Ma non si dica che non ci ha provato.

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