Il Bi e il Ba
Modi alternativi per aderire a uno sciopero della fame
Rita Bernardini e altri militanti, penalisti e giuristi stanno digiunando da tre mesi per chiedere a chi di dovere di intervenire sull'emergenza della diffusione del Covid nelle carceri. Io però rischierei di fare la fine del monaco ghiottone
Il monaco ghiottone che banchetta nel giorno di digiuno è un antico bersaglio satirico, non sempre senza fondamento. Bernardo di Chiaravalle, in visita all’abbazia di Cluny, si accorse che i confratelli rinunciavano sì alla carne, ma solo per compensarla con una doppia portata di pesci – e che bei pescioni grossi, ci fa sapere. Dico questo perché, da vecchio simpatizzante radicale, non ho mai digiunato. Pur prestando ascolto a tutti gli sforzi di teorizzazione di Marco Pannella e compagni sulla pratica della nonviolenza, è una forma di lotta che proprio non riesco a sentire mia, non cogliendo se non per tratti intermittenti e anelli laschi la catena causale che legherebbe la mia temporanea astinenza alimentare agli effetti politici sperati, e forse temendo anche un poco un’ispezione proditoria di Bernardo di Chiaravalle nelle ore dei pasti: potrebbe sorprendermi con il naso nel frigorifero.
Dunque non so bene in che forma aderire allo sciopero della fame, in corso ormai da tre settimane, di Rita Bernardini e degli altri militanti, penalisti e giuristi che chiedono al governo e al parlamento di intervenire sull’emergenza della diffusione del Covid nelle carceri riducendo drasticamente la popolazione detenuta attraverso l’amnistia, l’indulto, la liberazione anticipata speciale o qualunque altro strumento conforme alla Costituzione e alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Aderisco perciò con questo trafiletto, o entrefilet, parola che ha un retrogusto di macelleria poco consono a un digiuno. Il monaco ghiottone, ammoniva Evagrio Pontico, non raggiungerà la casa dell’apatheia. Speriamo che lo ammettano in quella del satyagraha.