Il Bi e il Ba
Le bugie politiche come esperimento magico di autosuggestione
Da Goebbels a Trump: quando si suscita l'idolo di una menzogna potente, ci si inchina al suo cospetto con devozione tale da lasciarlo impiantare nel centro più intimo della propria mente
Con due minuti di fact-checking si scopre facilmente che la frase di Goebbels secondo cui una bugia, ripetuta mille volte, diventa una verità non è una frase di Goebbels. La citazione, insomma, è spuria: è una bugia che è diventata verità goebbelsianamente, a forza di ripetizioni. E non è l’unico paradosso in cui ci s’imbatte studiando l’incredibile vicenda dei rapporti tra totalitarismo e verità. Nella “Breve storia delle bugie dei fascismi”, appena pubblicata da Donzelli, Federico Finchelstein – storico argentino approdato negli Stati Uniti portandosi dietro la lezione di Borges – illumina un altro di questi paradossi, degno dell’autore delle “Finzioni”: una volta Goebbels si inventò di sana pianta la notizia di un attentato ai propri danni, ma poi la riportò come vera nei diari personali, che non erano destinati alla pubblicazione e che andarono in stampa molti anni dopo la sua morte. Cos’era accaduto? Non è facile determinarlo. Io credo che avesse compiuto su di sé un esperimento magico di autosuggestione in virtù del quale, suscitato l’idolo di una menzogna potente, ci si inchina al suo cospetto con devozione tale da lasciarlo impiantare nel centro più intimo della propria mente. E’ qualcosa di molto diverso dall’antichissima e cinica arte della menzogna politica, che non si arrischiava a prendersi per vera; ed è qualcosa che i nostri anni, gli anni della post-verità, sembrano aver riportato in vita. Ma le mie non sono che congetture. Almeno finché non leggeremo nei diari postumi di Trump, alla data del 3 novembre 2020: “Stanotte ho stravinto le elezioni”.