Il Bi e il Ba
Il giudizio su "SanPa" è questione di angolazione
La bella docuserie di Netflix su San Patrignano e quei ritratti noti, meno noti o del tutto dimenticati di un’Italia che non esiste più
Diceva Leonardo Sciascia che “I promessi sposi” hanno ben poco di consolatorio, sono anzi un libro disperato. Certo, Renzo e Lucia dopo mille peripezie riescono a celebrare le nozze, e potrebbe quasi sembrare un lieto fine, ma è pur vero che sono stati costretti a emigrare. Chi invece trionfa su tutto – su Don Rodrigo, sui lanzichenecchi, sulla peste – è Don Abbondio, presunto vaso di coccio tra vasi di ferro, che continuerà come niente fosse a menare la sua vita pavida e meschinetta. Visto da questa angolazione, concludeva Sciascia, il libro di Manzoni appare molto diverso. Dunque alle volte è questione di angolazione.
Alla fine ho visto anch’io “SanPa”, la bella docuserie di Netflix su Vincenzo Muccioli e San Patrignano. L’arciclassico schema narrativo da epopea “rise and fall” – reso esplicito e perfino didascalico dai titoli delle puntate: Nascita, Crescita, Fama, Declino, Caduta – ne fa una specie di “Narcos” alla rovescia, a tratti nemmeno troppo alla rovescia, con Muccioli al posto di Pablo Escobar, altrettanto carismatico e imponente. E attraversando le sale di questa incredibile galleria personale, dalle stimmate alla morte per Aids, vediamo sporgersi dalle pareti i ritratti noti, meno noti o del tutto dimenticati di un’Italia che non esiste più. Ma come diceva Sciascia è questione di angolazione. E “SanPa” ci appare di colpo molto diverso quando pensiamo che muoiono i Pannella e i Montanelli, i Biagi e i Paolo Villaggio, le Ilaria Capua sono costrette a emigrare come i coniugi Tramaglino, mentre Red Ronnie è sempre lì su un divano a sparare cazzate.