Il Bi e il Ba
Crisi mimetica, ovvero il solito trasformismo
Sotto alcune parole totem a cui nessuno crede più, diversi clan combattono la loro guerra tra doppi. E Il nostro Giano bi-Conte, capace di sventolare ogni bandiera ne è il simbolo supremo.
Crisi pilotata, crisi al buio, crisi programmata… I lessicografi del politichese hanno catalogato i mille attributi che di anno in anno abbiamo appeso come ciondoli alla catenella di quel vocabolo lasco. Ma per render conto di questi giorni ubriachi serve un pendaglio nuovo: crisi mimetica. E’ un conio di René Girard. La crisi mimetica si ha quando le rivalità interne a un gruppo raggiungono un vertice parossistico in cui i rivali diventano indistinguibili gli uni dagli altri. Quanto più si combattono accanitamente, tanto più si somigliano: sono diventati dei doppi, e hanno bisogno di un capro espiatorio per non falcidiarsi a vicenda. A volte ho l’impressione che la nostra società politica stia precipitando in una crisi del genere. Non che sia cosa nuova, la nostra inclinazione alla guerra per bande, coltivata in decenni di proporzionale.
Solo che all’epoca era una guerra di posizione, retoricamente accesa quanto politicamente stagnante, combattuta a ritmi lenti da partiti con un’identità forte, e giocata su margini dello 0,3 per cento. Il maggioritario la surriscaldò – erano i tempi in cui l’ironia di Pannella paragonava la politica italiana alla guerra nei Balcani: i serbo-progressisti contro i croato-moderati – ma ancora si afferrava il senso generale del dramma. Poi il caos è avanzato, fino a questi giorni in cui abbiamo di nuovo il proporzionale ma non abbiamo quasi più i partiti. Sotto alcune parole totem a cui nessuno sembra credere più, diversi clan combattono la loro guerra tra doppi. Il nostro Giano bi-Conte, capace di sventolare indifferentemente l’agenda Biden, l’agenda Trump, l’agenda rossa di Borsellino e l’agenda di Frate Indovino, ne è il simbolo supremo. E’ il solito trasformismo, certo, ma se alzi il coperchio sentirai ribollire la crisi mimetica.