Il Bi e il Ba
La corporazione togata del Commendatore
Come nel finale del "Don Giovanni", domina la scena dall’ombra, ha potere di vita e di morte, e la sua voce di basso è sorretta a ogni sillaba dai tromboni, proprio come voleva Mozart
Non ho ancora letto il libro di Luca Palamara, ma il denominatore comune che ricavo da una scorsa alle recensioni e alle anticipazioni è che si parla moltissimo di cene. Cene eleganti e meno eleganti, in ristoranti sfarzosi, pizzerie spartane o case private, con politici, uomini in divisa, giornalisti, faccendieri. “Di cene ne ho fatte tantissime”, aveva detto appunto l’ex capo dell’Anm nella conferenza stampa dopo la radiazione. Ma attenti a non farvi ingannare dal sottofondo conviviale, e drizzate le orecchie. Non li sentite anche voi, nell’aria, come un’eco smorzata? Sono i due accordi fatali che accompagnano l’ingresso della statua del Commendatore nel finale del “Don Giovanni”.
È la scena chiave degli ultimi trent’anni di vita istituzionale italiana, pur variando scenografi e cantanti. Il Commendatore è la corporazione togata. Domina la scena dall’ombra, ha potere di vita e di morte, e la sua voce di basso è sorretta a ogni sillaba dai tromboni – e che tromboni! – proprio come voleva Mozart. Se qualche libertino ha l’ardire di sfidarla apertamente, è bene che si penta al più presto, o finirà trascinato all’inferno processuale. Di placarla non c’è verso: “Non si pasce di cibo mortale”, chi si aspetta clemenza offrendole manicaretti prebendizi alla lunga si illude, chi le tende la mano l’avrà stritolata in una morsa gelida. E’ così che in via Arenula si avvicendano sostituti – più o meno pavidi, più o meno comici – di Leporello. Preoccupatissimi di aver salva la pelle quando cala il sipario.