Il Bi e il Ba
Non si permetta di chiamarci illiberali
La capriola di Salvini e quella di Di Maio, ora tutti liberali e ognuno a modo proprio. Intanto l'Assemblea capitolina ribalta la sentenza del Tar sul referendum Atac, sbeffeggiando la democrazia diretta. Quante emozioni, questo 2021
Quante emozioni, questo 2021: meglio che giocare in Borsa. Prima la Raggi, messa alle strette dal Tar, ha dovuto proclamare la vittoria del Sì al referendum consultivo su Atac che lei stessa mi aveva fatto credere di aver perso; poi giovedì l’Assemblea capitolina ha deciso che del risultato se ne impipa, fanculo la democrazia diretta, e io ho perso di nuovo. In compenso ho vinto le elezioni del 2018. Avevo puntato su un partitino europeista e liberale quotato a poco più del due per cento; oggi scopro che le mie azioni sono schizzate alle stelle: sommando il Salvini della svolta europeista e della rivoluzione liberale e il Di Maio della maturazione moderata, atlantista e liberale del M5s, siamo maggioranza assoluta! Stentavo a crederci, così ho cercato di vederci più chiaro.
Il Salvini liberaldemocratico è tale, al momento, solo nel senso dell’omonimo partito naz-pop del colonnello Zhirinovskij; quanto a Di Maio, ricordo come replicò due anni fa a Moscovici: non si permetta di chiamarci illiberali, disse, perché siamo la seconda forza manifatturiera d’Europa. Liberalismo è quindi, nella sua mente, sinonimo di – cito lo Zingarelli – “l’insieme delle operazioni necessarie per trasformare la materia prima in manufatto; stabilimento in cui vengono eseguite tali operazioni di trasformazione”. E niente, sono titoli spazzatura. Mannaggia. Ho riperso le elezioni.