Mario Moretti, qui in una foto del 1993, è stato uno degli elementi di spicco delle Brigate Rosse (LaPresse)

Il Bi e il Ba

C'è poca differenza tra un inquisitore spagnolo e un dietrologo italiano

Guido Vitiello

La verità? "Bisogna chiedere a Mario Moretti". Il quarantennale dell’arresto della "sfinge delle Br" si è portato dietro la solita scia di leggende sul suo ruolo di super infiltrato per conto dei poteri occulti

C’è poca differenza tra un brigatista rosso e un inquisitore spagnolo, diceva Sciascia. Quando interrogarono Moro, i terroristi davano per scontato che il prigioniero custodisse chissà quali arcani del Sabba Imperialista delle Multinazionali, e che i suoi silenzi fossero segni di cocciuta fedeltà al demonio capitalista, di superba recalcitranza al rigorosum examen proletario. Fatto sta che Moro non gli rivelò nulla di quanto si aspettavano. Perfino il suo Torquemada, Mario Moretti, anni dopo ebbe l’onestà di ammettere che forse quelle verità segrete, semplicemente, non esistevano. Lo stesso non si può dire di certi dietrologi instancabili.

 

Il quarantennale dell’arresto di Moretti si è portato dietro la solita scia di leggende sul suo ruolo di super infiltrato per conto dei poteri occulti. Gennaro Acquaviva, a dialogo con Veltroni sul Corriere, ha detto che le Br erano manovrate dal Kgb, aggiungendo allusivamente: “Bisognerebbe chiedere a Moretti”. Altri hanno esortato la “sfinge delle Br” (così, in tipico stile inquisitoriale, l’ex senatore Flamigni) a dire finalmente la verità – ossia a confermare quella verità cospiratoria che loro posseggono già. A quanto pare, tutto ciò che lo schivo Moretti ha detto finora non basta. Dev’esserci dell’altro, come minimo una Notte di Valpurga a Villa Wanda. C’è poca differenza tra un inquisitore spagnolo e un dietrologo italiano.

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