il bi e il ba
Stanare i dottori di Molière
Oggi tutto è sistemico e se non è sistemico è strutturale. Ma è il più delle volte un gioco di prestigio linguistico, se non proprio una millanteria
Oggi tutto è sistemico. Se non è sistemico, è strutturale – che vuol dire suppergiù lo stesso, non fosse che da bravi scolaretti allungabrodo cumuliamo volentieri i due aggettivi. Fate caso a certe formule che circolano: la violenza di genere è sempre “sistemica e strutturale”, al pari della discriminazione razziale e di altre calamità sociali. Dire che sono ricorrenti, o diffuse, non basta: verrebbe meno l’aura di scientificità che la coppia sistemico & strutturale porta con sé. Per parte mia, sono stato liberato da questo sortilegio verbale leggendo “A che servono i filosofi?” di Jean-François Revel, che ragionava appunto sul potere incantatorio della parola “struttura”, all’epoca (era il 1957) molto in voga. Postulando – ma guardandosi bene dal dimostrarlo – che ogni cosa è una “struttura”, si dà infatti l’impressione di padroneggiarla intellettualmente, di conoscerne con precisione il perimetro e le regole di funzionamento. Ma è il più delle volte un gioco di prestigio linguistico, se non proprio una millanteria. Così Revel: “Definite per esempio la ‘visione tragica’ con l’aiuto di pochi tratti che avete scelto arbitrariamente; decretate che è una struttura: la ‘struttura tragica’. Dopo aver creato questo ente di ragione, spiegate che questi e quei fenomeni sono tragici perché vi si trova la struttura tragica”. Insomma, l’oppio induce il sonno perché possiede la virtus dormitiva, la quale a sua volta si può spiegare solo nel quadro della sonnolenza sistemica e strutturale. I dottori di Molière sono tuttora tra noi! Per stanarli, la prossima volta che li vedrete portare a spasso quei due aggettivi fermateli e chiedete di favorire i documenti.