il bi e il ba
Leggere Nietzsche per capire i forcaioli: vogliono il nostro sangue, non il nostro dolore
In "Umano, troppo umano" si dice che gli insetti "pungono non per cattiveria, bensì perché vogliono vivere anch’essi". Chi si accanisce nella gogna giudiziaria, come la piazza contro Toti, trova nel linciaggio la sola sorgente vitale di autolegittimazione
La cosa più oscena dell’oscena piazza radunata a Genova per chiedere le dimissioni dell’indagato Toti è che i vari capi e capetti del campo largo assicuravano di non avercela con lui, e ci tenevano molto a ribadirlo. Non siamo qui per aizzare la gogna contro di te, ha dichiarato il più spudorato di tutti, Giuseppe Conte (si faccia caso al dettaglio untuoso del ricorso al “tu”, quasi a pietire l’indulgenza di Toti). Eppure, al fondo di questa malafede c’è qualcosa di umano, troppo umano. Scriveva Nietzsche nell’opera omonima: “Gli insetti pungono non per cattiveria, bensì perché vogliono vivere anch’essi: così anche i nostri critici; essi vogliono il nostro sangue, non il nostro dolore”.
Lo stesso vale per i nostri forcaioli: da trent’anni hanno individuato nel linciaggio la sola sorgente vitale di autolegittimazione; la designazione di una preda è l’unica forza centripeta in grado di condurli a un simulacro di unità. La vittima può essere colpevole o innocente, poco conta. Non è necessario neppure che sia viva. E infatti quando nell’autunno del 2009 l’onda fangosa del linciaggio permanente sospinse a riva la sua prima creatura, un mostro anfibio e bifronte che aveva la testa del Fatto quotidiano e il corpo del M5s (o viceversa: l’anatomia dei mostri è spesso indecifrabile), cominciammo a vedere anche gogne necrofile: come dimenticare Grillo e Di Pietro in piazza a fischiare contro l’intitolazione di una via milanese a Bettino Craxi? Oggi tocca a Toti, ma non ce l’hanno con lui. Ne hanno bisogno per vivere. Vogliono il suo sangue, non il suo dolore.