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il bi e il ba

"Rumore di niente" di De Gregori è la colonna sonora ideale per la nostra Weimar

Guido Vitiello

“Gli occhi oggi gridano agli occhi e le bocche stanno a guardare, e le orecchie non vedono niente tra Babele e il Villaggio Globale”. Vaticinava oscuramente che da questo caos iperconnesso e senza tregua sarebbero rinati i mostri politici novecenteschi

Mentre mi preparo a partire per Pompei, dove ascolterò Francesco De Gregori, ripenso al primo suo concerto a cui mi capitò di assistere, il 4 giugno del 1991. Quella sera il PalaEur (allora si chiamava così) era un enorme accampamento di liceali, specie di secchioni del liceo classico come me. Lo dedussi quando, alzando gli occhi verso le gradinate, avvistai uno striscione che solo a un concerto di De Gregori si sarebbe potuto leggere: “Sei il principe della sinestesia”. Lì per lì non ci diedi importanza, ma ci ripensai l’anno dopo ascoltando una nuova canzone, “Rumore di niente”, che a un certo punto diceva così: “Gli occhi oggi gridano agli occhi e le bocche stanno a guardare, e le orecchie non vedono niente tra Babele e il Villaggio Globale”. Allora la canzone non mi inquietò quanto avrebbe dovuto. A risentirla trent’anni dopo, però, mi sembra la colonna sonora ideale per cullare la nostra Weimar sonnambula nei suoi passi ubriachi verso il precipizio. La canzone vaticinava oscuramente che da questo caos iperconnesso e senza tregua – e badate, non esistevano ancora i social network – sarebbero rinati i mostri politici novecenteschi, e che avremmo rivisto “la pelle di un vecchio serpente appena uscito da un uovo”. Non credo che stasera De Gregori la suonerà. Ma so che sentir cantare l’annuncio di questa natività maligna proprio a Pompei mi metterebbe i brividi – quasi una parodia satanica di un’antica iconografia dove il Salvatore viene al mondo tra le rovine dei templi pagani. 

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