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Il tweet abominevole di Patrick Zaki e i nostri diari srotolati in pubblico

Guido Vitiello

“Che dio maledica la loro specie demoniaca”, riferito agli israeliani a Gaza. Poi Zaki lo ha cancellato, attribuendo la cattiva formulazione alla scarsa padronanza della lingua. Lampi mnemonici degli anni Trenta e Quaranta

Ricordo che da ragazzino, in una casa di villeggiatura che i miei genitori avevano affittato al Circeo (zona notoriamente non proprio rossa), trovai fra i libri che il proprietario aveva lasciato sugli scaffali un piccolo quaderno nero. Era il diario di uno scolaro, figlio di un alto funzionario fascista, che lo aveva scritto nei primi anni Quaranta. Impiccione com’ero, lo lessi tutto avidamente; e mi rammarico di non serbarne che poche memorie. Una però è vivissima, e letterale. In una pagina lo scolaretto, variando con buon estro caricaturale il celebre slogan delle trasmissioni radiofoniche di Mario Appelius, terminava il suo resoconto della giornata così: “Dio stramaledica quella razza porcina che sono gli inglesi”. Immaginate il senso di déjà-vu (o déjà-lu) che posso aver vissuto, l’altro ieri, davanti al tweet di Patrick Zaki sugli israeliani a Gaza: “Che dio maledica la loro specie demoniaca”. Poi Zaki lo ha cancellato, attribuendo la cattiva formulazione alla scarsa padronanza della lingua (quanto darei per conoscere le parole con cui lo aveva pensato in arabo!). Ma ci sono due differenze: che oggi i diari si tengono in pubblico, srotolandoli sulle nostre timeline; e che il bambino del quaderno nero aveva forse otto anni, mentre Zaki ne ha trentatré, un’età in cui come è noto si possono fare grandi cose, o anche solo evitare di scriverne di abominevoli. Ormai questi lampi mnemonici degli anni Trenta e Quaranta, in cui i rossi parlano come i bruni e viceversa, sono un po’ troppo frequenti per passare inosservati. Speriamo che non preludano a un déjà-vu più grande.

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