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Le idee vecchie e rilucidate di Recalcati, che hanno l'inoffensività delle cose archiviate

Guido Vitiello

Il tramonto del padre era evidente da almeno mezzo secolo, il discorso sui tabù e la società permissiva si può datare all’altezza del tardo Pasolini. E la psicoanalisi teologizzata, o la teologia psicoanalizzata, fa tanto anni Ottanta

A Cana, Gesù trasforma l’acqua in vino: è il suo primo miracolo. L’ultimo, a quel che leggo, lo ha compiuto a Lacana, dove ha trasformato la Legge in desiderio, o il desiderio in Legge. È quanto deduco dagli stralci del nuovo libro di Massimo Recalcati, La legge del desiderio (Einaudi), anticipati martedì su Repubblica. Sarà che ho letto troppo René Girard (nonché un pochino di Pierre Boutang) per non essere scettico su questo messia che “smuove, erotizza, causa il desiderio”, ma la mia vera perplessità è un’altra. Ho l’impressione che Recalcati abbia messo su una fiorente bottega di modernariato filosofico-psicoanalitico (ideale, en passant, per infiammare certi convegni di preti e seminaristi la cui idea di “aggiornamento” si ferma grosso modo ai capelloni). All’alba degli anni Dieci, Recalcati si accorge del tramonto del padre, che tuttavia era evidente da almeno mezzo secolo, da quando cioè Alexander Mitscherlich aveva scritto Verso una società senza padri (1963). Poi mette su un discorso sui tabù e la società permissiva che si può datare, annusando il tappo, all’altezza del tardo Pasolini. Infine, da qualche anno, è la volta della psicoanalisi teologizzata, o della teologia psicoanalizzata, che ricorda tanto certi tentativi degli anni Ottanta di un Eugen Drewermann o di una Julia Kristeva. Il vantaggio delle idee vecchie rilucidate a nuovo è che danno, in un colpo solo, il luccichìo dell’inedito e la familiare inoffensività delle cose archiviate. Un po’ come – su, com’era il titolo di quell’altro suo libro? – La luce delle stelle morte. 

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