il bi e il ba
Se la Seconda Repubblica significa beccarsi gli scarti della Prima
E non vale solo per la politica. Siamo pieni di attori, scrittori, registi, comici, cantautori, intellettuali non privi di talento, che avrebbero senz’altro trovato una collocazione più che dignitosa nelle seconde file, ai tempi in cui esistevano le prime
La mia frase preferita della serie 1992 (da un’idea di Stefano Accorsi) la dice il vecchio democristiano: “Ma lei lo sa che significa Seconda Repubblica? Che vi beccate gli scarti della Prima”. Non bisogna per forza leggerla come la profezia di un declino sull’antico schema esiodeo delle età dall’oro al ferro, ma semmai con un certo pragmatismo militare: se cadono i soldati sulla linea del fronte, si fa avanti la seconda linea, poi la terza: non si può lasciare sguarnita la difesa, con la guerra che infuria. E in effetti, a passare in rassegna i suoi esponenti, la Seconda Repubblica è stata per lo più la Repubblica delle seconde linee, dei cadetti democristiani, socialisti e comunisti, e con la Terza ci stiamo beccando gli scarti della Seconda. Fortuna che ce ne siamo accorti, e li fustighiamo quotidianamente (come del resto facevamo con quelli della Prima). Mi domando quanto lo stesso schema valga per altri ambiti – con l’eccezione dell’arte culinaria – in cui però facciamo l’impossibile per evitare di vederlo. Siamo pieni di attori, scrittori, registi, comici, cantautori, intellettuali non privi di talento, che avrebbero senz’altro trovato una collocazione più che dignitosa nelle seconde file, ai tempi in cui esistevano le prime. Mancando queste ultime, li sospingiamo sul fronte, e fin qui tutto bene; ma ci sentiamo costretti a trasferire su di loro gli elogi iperbolici che facevamo ai grandi, perché a quanto pare un paese non può vivere senza un pantheon, e fatica molto ad accettare di attraversare una stagione che non offre personaggi di prima grandezza. L’effetto è quello di una generale impostura pubblicitaria. Ma la notizia più preoccupante è che le seconde file si stanno esaurendo: ci becchiamo l’apoteosi delle terze.