il bi e il ba

La voce di Kris Kristofferson dava autorità anche ai versi più semplici

Ascoltate "Help me make it through the night", una delle tante canzoni dell'artista, morto sabato, sul suo assillo più doloroso, la solitudine: "and it's sad to be alone" suona perentorio come un salmo di re Davide

Guido Vitiello

Sabato, a ottantotto anni, è morto Kris Kristofferson, uno dei miei amori musicali fuori moda per i quali vengo regolarmente preso in giro dai miei amici più hip. Lo spazio che ho a disposizione per ricordarlo è così breve, a fronte di una carriera nella musica country e nel cinema che ha occupato più di mezzo secolo, che mi limito a darvi due rapide imbeccate, anzi una sola imbeccata divisa in due parti. Per innamorarvi all’istante di Kristofferson recuperate la sequenza di apertura, quella con i titoli di testa, del capolavoro di John Huston, Città amara, del 1972: ascolterete una versione incantevole, di molto superiore a quella incisa sull’album, di Help me make it through the night, una delle tante canzoni di Kristofferson sul suo assillo più doloroso, la solitudine; e vi accorgerete di quanta parte di musica come questa passa dall’autorità di una voce (un verso semplicissimo, forse perfino banale – and it’s sad to be alone – cantato da Kristofferson suona perentorio come un salmo di re Davide). E poi riascoltate la stessa canzone eseguita, sempre nel 1972, all’Old Grey Whistle Test, un celebre show musicale della tv britannica. Kristofferson cantava qui in duo con quella che l’anno dopo sarebbe diventata la sua seconda moglie, Rita Coolidge, fronte contro fronte, e credetemi, sembra di vedere Papageno e Papagena: raramente troverete tanto amore racchiuso in appena due minuti e mezzo. Sulla scia dell’ultima nota, Kris si avvicina a Rita e le sussurra qualcosa nell’orecchio, qualcosa che non sapremo mai.

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