il bi e il ba

Dal cattivismo non nasce niente

Guido Vitiello

Se una parte della destra ha finito per farsi incatenare dal costume indossato in contrapposizione al “buonismo”, c'è una grossa parte dell’opposizione che non è da meno sotto questo aspetto. Il caso delle dichiarazioni di Nicola Morra sulla malattia di Marco Bucci

Sorridi, e la vita ti sorriderà. Oppure: metti su una faccia feroce, e la vita – beh, che cosa farà la vita è tutto da vedere. Luigi Manconi torna a riflettere sulle ricadute politiche di quello che usando un antico termine della filosofia morale chiamerò habitus. La prima volta non la presero bene.

 

Sul Corriere della Sera del 24 febbraio 2019 si era chiesto se il “cattivismo” programmatico dei politici come Salvini e dei loro banditori giornalistici, assunto come un costume di scena in contrapposizione al “buonismo” dell’altra parte, non finisse per incatenarli, nelle azioni, a una gratuita cattiveria. Non era un giudizio sulla loro anima (nessuno può mettersi alla lavagna e assegnare le quote di virtù in base alle appartenenze partitiche) ma questa precisazione non impedì alla corte salviniana di trattarlo – lui, Manconi! – come seminatore d’odio e teorico della superiorità antropologica della sinistra.

  

Ieri, su Repubblica, Manconi è tornato sul tema: e se una parte della destra – quella della “Mecca dei detenuti”, quella che vuole punire anche la resistenza passiva dei carcerati – fosse, appunto, cattiva, nel senso che “dice cose malvagie e compie azioni malvagie”? Aggiungerei, dopo le parole di Nicola Morra sulla malattia di Marco Bucci, che una grossa parte dell’opposizione non è da meno sotto questo aspetto, e che gli annaffiatori giornalistici della malapianta grillina sono perfino più sadici dei politici. Dal buonismo raramente viene il bene, e la storia umana è un’atroce sequela di conseguenze inintenzionali della virtù. Ma dal cattivismo come abito, come riflesso condizionato, come rictus sprezzante, cosa potrà mai nascere di buono?