il bi e il ba
Le mode ideologiche di oggi sono più volatili dell'ortodossia di partito, ma altrettanto terroristiche
La fan base dei social network è diventata la folla immaginaria con la quale l'intellettuale-attivista può esercitare la sua vanità. Ed è una folla che richiama all’ordine ad ogni istante il poveretto che osi scantonare
Per spiegarsi come mai i partiti comunisti esercitassero un’attrattiva così forte sugli intellettuali, François Furet chiamò in causa due passioni – la vanità e l’inquietudine – che dominano la psicologia dei “professionisti delle cose dello spirito”: “La vanità si placa nella riconoscenza d’una folla immaginaria, debitamente riconosciuta come tribunale della storia dai rappresentanti della ‘classe operaia’, mentre l’inquietudine trova slancio nel desiderio di servire” (Il passato di un’illusione). Era una spiegazione da moralista classico. Supponendo che la psicologia dell’intellettuale progressista sia rimasta immutata, ci si può chiedere che cosa gratifichi oggi queste due passioni, quando non c’è più una scienza della storia in cui acquietare la coscienza infelice né il miraggio delle masse operaie in cui rispecchiarsi. Erano due fantasmi, sì, ma quanto potenti. Il primo (l’adesione alla direzione della storia) garantiva per il secondo (la gratitudine delle masse, che era superfluo consultare). Sono storie ormai lontane. Ai nostri tempi la linea è dettata dalle mode ideologiche, che sono più volatili dell’ortodossia di partito ma altrettanto terroristiche, e la folla immaginaria dell’intellettuale-attivista è diventata la fan base dei social network, che a suon di like e di condivisioni assegna quotidianamente un valore numerico alla sua vanità (siamo tutti quotati in borsa); ma a differenza delle masse operaie, che rimanevano per lo più una docile astrazione, la folla digitale è una cosa molto concreta, e richiama all’ordine ad ogni istante il poveretto che osi scantonare. Il povero intellettuale è diventato così servitore di un unico fantasma. E se ci tiene alla vanità, deve vivere nell’inquietudine.