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Non è colpa nostra se sulla malagiustizia torniamo sempre a Tortora

Guido Vitiello

Per comprendere le resistenze della corporazione togata alla creazione di una Giornata in memoria delle vittime dell’errore giudiziario bisogna tornare indietro negli anni. Si rilegga l'intervista che Marcello Maddalena, allora procuratore aggiunto a Torino, diede a Travaglio nel '97

Le discussioni sulla malagiustizia peccano spesso di reductio ad Tortoram, ma è ancora a Tortora che dobbiamo tornare per comprendere le resistenze della corporazione togata alla creazione di una Giornata in memoria delle vittime dell’errore giudiziario. Un reperto istruttivo si trova in uno dei libri antesignani del “clima infame” in cui tuttora ci tocca respirare, il legal warming che intossica da trent’anni il nostro ecosistema civile. Mi riferisco a Meno grazia più giustizia, la lunga intervista – sullo sperimentato schema Minà-Fidel – che Marcello Maddalena, allora procuratore aggiunto presso il Tribunale di Torino, diede nel 1997 a Marco Travaglio. Non c’era, in quelle pagine, solo il “momento magico” delle manette. Maddalena diceva che Tortora fu assolto “oggettivamente sull’onda di una campagna politico-giornalistica senza precedenti” (i poveri giudici napoletani erano sotto pressione, altrimenti avrebbero potuto decidere diversamente), ma che la vicenda fu uno di quegli “incidenti di percorso” che “non dipendono dalla volontà dei magistrati”. Aggiungeva che in quell’errore (e qui l’atroce inciso: “se errore fu”) gli inquirenti napoletani non ebbero colpa, tanto che nel loro operato si trovarono “mere irregolarità formali”. Diceva inoltre che “c’erano molti elementi indiziari” a carico di Tortora (in effetti il Partito radicale milanese li raccolse in un famoso libro bianco, che aveva appunto le pagine tutte bianche) e che “poi, per sua fortuna, l’appello rimise le cose a posto”. Meditate la sottile beffa di queste parole: per sua fortuna (“come può un giudice dirmi buona fortuna, come un venditore di almanacchi?”, aveva scritto Tortora alla sorella Anna). Alla fine, chiosava Maddalena, “fu la stessa magistratura a riparare all’errore iniziale” (il Signore ha dato, il Signore ha tolto). Quale immagine emerge da queste righe? L’errore giudiziario è una sciagura naturale, e l’imputato deve affidarsi alla buona sorte, sperando che un buon giudice, come la protezione civile, arrivi prima o poi a soccorrerlo tra le macerie, magari perché intorno dei cittadini stanno lanciando chiassosamente l’allerta. E chi s’inventerebbe mai una Giornata in memoria delle vittime del maltempo?

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