il bi e il ba
I laici, non i chierici togati, hanno il compito di definire cosa sia l'errore giudiziario
"Mai, dico mai, può accadere che la transustanziazione non avvenga. E così è un giudice quando celebra la legge: la giustizia non può non disvelarsi, non transustanziarsi, non compiersi”. Così dice il il giudice Riches nel Contesto di Leonardo Sciascia
L’errore giudiziario non esiste, dice il giudice Riches nel Contesto di Leonardo Sciascia. “Prendiamo, ecco, la messa: il mistero della transustanziazione, il pane e il vino che diventano corpo, sangue e anima di Cristo. Il sacerdote può anche essere indegno nella sua vita, nei suoi pensieri: ma il fatto che è stato investito dell’ordine, fa sì che a ogni celebrazione il mistero si compia. Mai, dico mai, può accadere che la transustanziazione non avvenga. E così è un giudice quando celebra la legge: la giustizia non può non disvelarsi, non transustanziarsi, non compiersi”. Ne consegue che l’errore giudiziario è una contraddizione in termini: è il rito del processo a costituire il colpevole come tale. L’errore è una possibilità che sussiste solo se si sbuca fuori dai corridoi della procedura, se si considerano i sacramenti della giustizia restando extra muros ecclesiae; ma, avverte Riches, “quando una religione comincia a tener conto dell’opinione laica, è ben morta anche se non sa di esserlo. E così la giustizia”. Come tutti i discepoli di Auguste Dupin, il detective di Poe compiaciuto della propria capacità di leggere dettagli invisibili agli altri, a volte Sciascia si beava un po’ troppo del suo intuito. Ma in questo caso la sua vanità aveva ottime ragioni. Alla fine del 1987, nella prefazione a un libro di Raffaele Genah e Valter Vecellio, Storie di ordinaria ingiustizia, Sciascia annotava: “Poteva apparire uno scherzo, e come scherzo – sia pure amaro – avevo lasciato che il personaggio formulasse quell’ideologia che confutava l’esistenza dell’errore giudiziario e affermava una giustizia come rappresentazione, celebrazione, apparato e apparenza. Ma evidentemente era più un presentimento che uno scherzo”. Per questa ragione non dovremmo mai affidare ai chierici togati la definizione dell’errore giudiziario: è compito di noi laici.