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il bi e il ba

Bello parlare di "Modernismo reazionario", ma la Tecnica non è un monolite

Guido Vitiello

Attenzione a tuonare contro la tech right e il connubio fra tecnica e politica: le tecnologie sono tante e in conflitto. Meglio tornare a Marshall McLuhan e alla sua abitudine di indagare l’impatto di ogni singola invenzione

Raccomandazioni per un dibattito che non voglia condannarsi a girare a vuoto. Ieri su Repubblica c’erano Michael Walzer che parlava di tech right e Carlo Galli che tirava l’allarme contro la “tecnodestra arrembante”. Entrambi, ovviamente, avevano in mente il supereroe Elon Musk e il suo sidekick Donald Trump (o viceversa). Dopo le elezioni americane si torna a parlare insistentemente di tecnica e politica, e la chiave sembra tuttora quella di un bel libro di Jeffrey Herf che ha appena compiuto quarant’anni: Il modernismo reazionario, uno studio dedicato all’ideologia degli ingegneri nella Germania di Weimar e alla sua influenza sulla cultura politica nazionalsocialista, fino al “romanticismo d’acciaio” di Joseph Goebbels. Modernismo reazionario è un ossimoro felice, che consente di darsi conto del connubio tra arcaiche ideologie tribali e strumenti tecnologici all’avanguardia. Ma il tallone d’Achille di formule come questa è che tendono a guardare la Tecnica – maiuscola – come un monolite, vizio che i politologi hanno mutuato da una certa filosofia (anch’essa tedesca, di solito). E invece le tecnologie sono tante e in conflitto, e ognuna tira la carrozza della società nella sua direzione, anche se noi ci illudiamo di occupare la pedana del cocchiere. Raccomando, insomma, di tornare a Marshall McLuhan e alla sua abitudine di indagare l’impatto di ogni singola invenzione. McLuhan non parlava astrattamente di politica e tecnica ma, per esempio, di Hitler e della radio. Allo stesso modo, anziché prender nota dell’alleanza tra il neotribalismo trumpiano e il tecnoavvenirismo di Musk come se fosse un paradosso, dovremmo chiederci: in che modo la destra attuale interpreta il mondo plasmato dai social media? Certi accoppiamenti potrebbero rivelarsi tutt’altro che innaturali.