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Cosa avrei voluto rileggere nel centenario della morte di Lenin

Guido Vitiello

Una ricorrenza passata in sordina. Che un po' si spiega con quello che scriveva Enzo Bettiza in "Il mistero di Lenin": "…Ma l’esistenza vera non c’è. C’è la corteccia di carta, c’è la corazza della dottrina, c’è la tana del partito, ma la polpa dell’uomo è morta o assente dentro"

Oggi, 21 gennaio, si chiude il centenario della morte di Lenin. Ve n’eravate accorti? Io non tanto. La ricorrenza è passata in sordina. Sull’ultimo numero di Commentaire Jean-Louis Panné, già segretario di Boris Souvarine e collaboratore di François Furet, ne ha tentato un bilancio: di Lenin nel 2024 tutto sommato si è scritto poco, anche se quel poco è piuttosto compiacente e omissivo, e include improbabili tentativi di riproporre il Lenin ecologista come risposta al cambiamento climatico. Quanto all’Italia, l’unico libro che ha catturato la mia attenzione, e che conto di leggere al più presto, è quello con cui il Mulino ha inaugurato le commemorazioni nel gennaio dell’anno scorso, Lenin a pezzi di Antonella Salomoni. Più che il bilancio delle letture posso fare perciò quello dei rammarichi. Mi sarebbe piaciuto veder tornare sui banchi delle librerie quel magistrale saggio sull’antropologia dell’homo bolscevicus, e sul cortocircuito patologico tra le pretese dell’ideologia e una realtà riottosa a deformarsi alle sue allucinazioni sistematiche, che è Il mistero di Lenin di Enzo Bettiza, pubblicato nel 1982 da Rizzoli. In quelle pagine, tra le altre cose, si sarebbe potuta trovare una possibile spiegazione del generale disinteresse per il centenario: “L’esistenza di Lenin è tutta cosparsa di pezze d’appoggio che la comprovano in astratto. Ma l’esistenza vera non c’è. C’è la corteccia di carta, c’è la corazza della dottrina, c’è la tana del partito, ma la polpa dell’uomo è morta o assente dentro: come se Lenin fosse stato colpito da una strana leucemia dell’essere”.

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