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Quella battuta di D'Alema su Berlusconi che rischia di valere per Meloni

Guido Vitiello

I magistrati offrono continue occasioni di ingaggiare sfide polarizzanti a una leader che si sta dimostrando abile nel coglierle. E torna in mente D'Alema: “La nostra tragedia è che i magistrati hanno ragione su Berlusconi, ma Berlusconi ha ragione sui magistrati”

“La nostra tragedia è che i magistrati hanno ragione su Berlusconi, ma Berlusconi ha ragione sui magistrati”. La vecchia battuta attribuita a Massimo D’Alema rischia di valere, mutatis mutandis, anche per Giorgia Meloni. È indubitabile che le procure vogliono continuare a pascolare abusivamente nei terreni della politica o peggio a tenerla sotto tutela, che è come dire sotto ricatto, come un Consiglio dei Guardiani della Costituzione che agisce in nome della teologia del “controllo di legalità”. Ma è altrettanto indubitabile che Meloni aspira a scavalcare quelli che ai suoi occhi sono intralci all’azione di governo non legittimati direttamente dall’unzione del voto popolare. I magistrati, inutile dirlo, sono più avanti nell’opera: ci lavorano – con la complicità più o meno ignava dei parlamenti e dei governi – da almeno quarant’anni, da quando l’avvocato Domenico Marafioti denunciò i primi segni dell’esondazione in un profetico pamphlet intitolato La supplenza. Proprio per questo oggi rischiano di assommare ai disastri civili che hanno causato negli ultimi decenni una colpa ulteriore: sarà la loro cocciutaggine corporativa ad accelerare l’applicazione del “manuale dell’orbanismo” da parte del governo, offrendo continue occasioni di ingaggiare sfide polarizzanti e mobilitanti a una leader che si sta dimostrando piuttosto abile nel coglierle. Lo scontro fra Berlusconi e i magistrati finì per logorare entrambi, senza lasciare sul campo un vincitore; quello tra Meloni e le procure rischia di rafforzare solo la prima, e di conferire alla sua vittoria una parvenza di legittimità storica e morale. È la nuova tragedia italiana.

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