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il bi e il ba

Che dramma se la lotta per diritti Lgbt resta in mano a una subcultura autoreferenziale

Guido Vitiello

Dopo l'appello di Anna Paola Concia e Alessio De Giorgi. Molte piattaforme per i diritti sono infarcite di neologismi, giovanilismi, storpiature, conii accademici esoterici, americanismi maltradotti. E se non padroneggi il gergo, non avranno nessuna intenzione di dialogare con te

C’è un passo nell’appello di Anna Paola Concia e di Alessio De Giorgi pubblicato sul Foglio di ieri (Il massimalismo fa male alla causa Lgbt. Appello per un nuovo riformismo) che mi sembra doppiamente rivelatore: “E ci siamo consolati di avere milioni di persone ai nostri pride, senza renderci conto che se i partecipanti avessero davvero letto le piattaforme di quelle manifestazioni, se ne sarebbero state in larga parte a casa: non necessariamente perché non le avrebbero condivise, ma perché non le avrebbero neppure comprese”. Io per esempio diserto i pride proprio perché quelle piattaforme le leggo ogni anno da cima a fondo e non ho nessuna intenzione di manifestare contro il capitalismo e contro Israele sotto l’ombrello intersezionale dei diritti Lgbt. Fin qui per il non condividere; resta il secondo aspetto, quello del non comprendere. Faccio la congettura che Concia e De Giorgi siano tra quelli che, come me, si muovono a fatica e con un senso di disagio tra le mostruose concrezioni verbali di certe piattaforme infarcite di neologismi, giovanilismi, storpiature, conii accademici esoterici, americanismi maltradotti, grafemi fantascientifici. Ma una delle cifre distintive dei nuovi attivisti è appunto la padronanza di questi gerghi in costante aggiornamento; e se non sei abbastanza “hip” non hanno nessuna intenzione di dialogare con te, anzi ti snobbano ostentatamente, con la stessa schizzinosità che tutti avevamo da teenager quando un adulto pronunciava male il nome del nostro gruppo metal preferito. Niente di nuovo: è la logica del “capitale sottoculturale” (rileggere Sarah Thornton), ma è drammatico che la lotta per diritti così importanti sia in mano a una subcultura autoreferenziale che mostra poco interesse a farsi capire da chi ne sta fuori. Per questo, secondo me, la “causa” accumula sconfitte. E per questo prevedo (pur augurandomi il contrario) che l’appello di Concia e De Giorgi cadrà nel vuoto.

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