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il bi e il ba

I processi "maxi" si sono fatti perché non si sapeva che mostruosità giudiziaria fossero

Guido Vitiello

“Ma allora, se il ‘maxi’ è questo cumulo di storture, questa antologia di diritti sacrificati e di sacrifici mostruosi, perché si celebra?", si chiedeva Elvio Fassone, magistrato di grande saggezza a cui toccò il maxiprocesso di Torino del 1987 contro il clan dei cursoti

“Mastodonte giudiziario”: così Alessandro Barbano, sul Dubbio, definisce il maxiprocesso Rinascita Scott incardinato nel 2020 dal dottor Gratteri, con i suoi cinquecento imputati divisi in quattro tronconi. “Pachiderma istruttorio” è invece l’appellativo che Raffaele Della Valle, uno degli avvocati di Tortora, aveva coniato per il maxiprocesso del 1985 contro la Nuova Camorra Organizzata (circa settecento imputati, tre tronconi). C’è qualcosa nella forma stessa del maxiprocesso che suggerisce l’analogia con un grosso mammifero dalla scorza dura e dall’andatura goffa che dev’essere sezionato in tronconi, come dal macellaio; non per caso Giorgio Bocca, sempre a proposito del processo napoletano, parlò di “macelleria giudiziaria all’ingrosso”. Ritrovo la metafora nelle parole di un magistrato di grande saggezza, Elvio Fassone, a cui toccò il maxiprocesso di Torino del 1987 contro il clan dei cursoti (solo 242 imputati: poca cosa). Lo rievocò in alcune belle pagine contenute nel volume collettivo Fenomenologia del maxiprocesso (Giuffrè editore, 2011). Pur riconoscendo che il gigantismo giudiziario è conseguenza del gigantismo del crimine organizzato più che della megalomania dei magistrati, Fassone si chiedeva: “Ma allora, se il ‘maxi’ è questo cumulo di storture, questa antologia di diritti sacrificati e di sacrifici mostruosi, perché si celebra? Perché è nata questa fungaia di pachidermi processuali, con i loro bunker e le loro oppressioni, con il sequestro di chi ci deve vivere e con la sensazione di stritolamento che ne viene, qualunque sia la gradazione di umanità e di correttezza che uno prova a iniettargli?”. Si rispondeva: “Si sono fatti, i ‘maxi’, perché quando sono nati non si sapeva che disastro fossero”. Oggi però dovremmo saperlo.

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