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il bi e il ba

Pensavamo di dover fare l'Europa contro la Russia. Ma anche contro l'America?

Guido Vitiello

Rileggere Denis de Rougemont, padre spirituale del federalismo europeo. Stiamo in guardia dall’impero nemico, ma non affidiamoci ciecamente all’impero amico

C’è una frase di Paul Valéry che Denis de Rougemont, uno dei padri spirituali del federalismo europeo, amava citare spesso: “Europa, piccola propaggine dell’Asia”. Mi è tornata in mente due o tre giorni fa leggendo il messaggio ai tedeschi di Alexander Dugin, quel loschissimo fascista eurasiatico che può contare in Italia su molti megafoni leghisti e retequattristi: “Votate AfD o occuperemo la Germania un’altra volta e la divideremo tra Russia e Stati Uniti”. Così sono andato a riprendere le conferenze di Rougemont pubblicate nel 1948 con il titolo L’Europe en jeu. Ne cito qualche passo sinistramente attuale: “Oggi l’Europa, a chi la guardi dall’America, e credo anche dalla Russia, appare più piccola di quanto in realtà non sia: fisicamente costretta tra due grandi imperi le cui ombre immense si affrontano sopra di lei, corrosa e sgretolata ai suoi confini e moralmente rinchiusa in se stessa”. Stiamo in guardia dall’impero nemico, raccomandava Rougemont, ma non affidiamoci ciecamente all’impero amico. E infatti, c’era un’altra idea di Valéry cara a Rougemont: la previsione di “un giorno in cui il segreto desiderio dell’Europa sarebbe stato quello di lasciarsi governare da una commissione di esperti americani”. Sono pagine ormai ottuagenarie, ma il problema russo non ha fatto che aggravarsi: “Piaccia o non piaccia a noi o a Dostoevskij, l’Europa la dobbiamo fare senza la Russia”; anzi, “contro la Russia”. Rougemont non poteva immaginare che avremmo rischiato di doverla fare anche contro l’America.