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Il Bi e il Ba

Esercizio di ucronia

Guido Vitiello

La versione ufficiale di Mosca sul patto Molotov-Ribbentrop (1939) e la dichiarazione di Breznev dopo la guerra dei Sei Giorni (1967) riecheggiano - con lievi modifiche - nelle parole di tanti commentatori dei nostri tempi. Ancora in troppi guardano alla politica mondiale con occhiali sovietici

Piccolo esercizio di ucronia. Immaginate un funzionario del Comintern ibernato da ottant’anni che viene scongelato nel 2025 con un compito preciso: deve far digerire ai comunisti di tutto il mondo il patto Trump-Putin. Cosa s’inventerebbe? Probabilmente spiegherebbe in un comunicato che non si tratta affatto di un accordo tra superpotenze per spartirsi le zone di influenza, ma dell’unico vero contributo alla sicurezza dell’Ucraina, perché la Russia comprende bene l’attuale crisi dell’Europa ed è interessata alla pace nel continente, negli Stati Uniti e nel mondo. Oppure, immaginate un secondo surgelato, stavolta un membro del dipartimento internazionale del Comitato centrale del Pcus, messo a svernare dopo mezzo secolo di frigorifero per un’altra missione: deve dare la linea al proletariato mondiale sulla guerra di Gaza. Questo potrebbe essere il suo proclama: “Gli aggressori israeliani sono i peggiori banditi. Nella loro arroganza contro la popolazione araba, sembrano voler copiare i crimini degli invasori hitleriani”. Il primo comunicato, salvo piccoli rimaneggiamenti (ho messo l’Ucraina al posto della Polonia), è in effetti la versione ufficiale di Mosca sul patto Molotov-Ribbentrop del 1939. Il secondo proclama è, alla lettera, ciò che Leonid Breznev disse agli allievi ufficiali nel luglio del 1967, dopo la guerra dei Sei giorni. Eppure, quanti commentatori dei nostri tempi – rossi, bruni, rossobruni, ma anche ex rossi convertiti alla democrazia – sottoscriverebbero queste parole! Morale della favola ucronica? Tanta, troppa gente guarda ancora alla politica mondiale con occhiali sovietici. Perché le infrastrutture mentali sono molto più persistenti delle passioni ideologiche, ed è facile buttar giù la statua di Stalin, meno facile sbarazzarsi del piedistallo su cui si reggeva. Sono questi i veri “conti del comunismo” che non sono ancora stati fatti.