Litigio su Tasso e Ariosto
Giovan Pietro Ventura, condottiero dell’italico esercito
Graziano Pellè, pedatore italico in Catai
GV: Ribaldo!
GP: Fellone!
GV: Traditor!
GP: Perfido!
GV: Eresiarca!
GP: Sleal!
GV: Non credea possibil cosa… nel mio esercito aver un…
GP: …seguace dell’Ariosto, sì! Son io qull’uno!
GV: Il Tasso qui è d’uopo venerar, o pedatore del Catai!
GP: Che messer Ludovico maggior grado d’onor abbia conseguito, dimostreròtti.
GV: Diabolica ostinazion!
GP: Intendi me. Mancando ben spesso a Torquato la materia, è costretto andar rappezzando insieme concetti spezzati e senza dependenza e connessione tra loro.
GV: Sol il Tasso le poetiche disposizion d’Aristotile rispettò.
GP: Falsità! E’ in messer Ludovico il costume degli eroi e ogni sua qualità meglio osservati senza comparazione.
GV: Tutto eroico è il poema del gran Torquato.
GP: Mirabil mistion di epica e romanzo nel Furioso v’ha.
GV: Non cuopre l’Ariosto suoi difetti con la bontà del dire.
GP: Puòssi sentire, col Furioso, cosa più magnifica, più grave, più ammirabile?
GV: Il Tasso l’Ariosto avanza nella favola, nel costume e nella locuzion.
GP: L’Ariosto è breve e chiaro ad un’ora; ma quella del Tasso non brevità, ma stitichezza, o più tosto stroppiamento si può chiamare.
GV: Buon pro ti faccia la tua crusca, se stitichezza avverti.
GP: In carcere col folle Tasso convienti ricovrare, se tale è la tua saviezza.
GV: Bada, marrano!
GP: Bada, vegliardo!
GV: Fuor se’ tu dalla pugna.
GP: Un Ruggier, un Orlando mi sento: escludermi non puoi.
GV: I rispetti al tuo duca porgi.
GP: Giammai!
GV: Il saluto rendi.
GP: Tel niego.
GV: Tu non oprasti col senno e colla spada.
GP: Rattengo il giovenil furore.
GV: Ciro paladin, entra!
GP: Colui che l’istar fermo ha nel nome immetti in vece mia?
GV: Vattene, Grazian: non più pietose saranno l’arme mie.
GP: Che tu possa far meretricio delle terga tue.
GV: Troppo osasti: vituperio e sciagura cada su di te.
Il Foglio sportivo - in corpore sano