L'Europa c'è, ora evitiamo i dopolavoristi di qualche repubblica caucasica
Il Milan ha raggiunto dalla porticina di servizio l'obiettivo minimo di stagione. La partita con l’Atalanta, nel bene e nel male, è stato il quasi perfetto compendio della stagione rossonera
E alla fine, tutto sommato, e a ben guardare, e a voler, anzi a dover essere oggettivi e aderenti alla asettica realtà delle cose, Europa fu. Quella di serie B, certamente. E ancora col dubbio se direttamente nei lussuosi, comodi gironi o se attraverso i tragici preliminari di metà luglio a farsi divorare dalle zanzare davanti a settecentocinquanta paganti contro una scalcagnata truppa circassa o iperborea dal nome impronunciabile. Di certo l’obiettivo minimo di stagione (ma proprio minimo) lo abbiamo raggiunto dalla porticina di servizio, sesto/settimo posto: l’ingresso trionfale – la vittoria della Coppa Italia – non era roba per noi. Ahimè giusto da lì, dalle quattro disgrazie rimediate con la Juventus, s’è dovuto riprendere il mesto cammino per l’Europa minore, affrontando il diluvio bergamasco con le tensioni di uno spareggio scudetto (a questo siam ridotti, alle sproporzioni) e rischiando l’aquaplaning. Sono state botte virili e oneste (e un paio di carognate), ma siamo rimasti in carreggiata. Cacciaviti contro le roncolate dei magutti della Val Seriana, cui son mancati alcuni cartellini nel primo tempo, prima di prenderne uno rosso un po’ così, misericordiosamente pareggiato dall’avventatezza – pensa te – del diafano Montolivo da Caravaggio. C’è stata però molta verità, domenica. Infatti, la partita con l’Atalanta, nel bene e nel male, è stato il quasi perfetto compendio della stagione rossonera, o almeno di quella porzione governata da Gattuso. Squadra ordinata e determinata, e per quasi tutti i novanta minuti; non difettosa di tecnica e inventiva, ma alla lunga monotona; soggetta a liquefazione negli ultimi metri anche a causa di enigmatici numeri nove (a partire da Kallonic – copyright del mio amico milanista Michele Ansani –, discreta boa fintanto che galleggia a trenta metri dalla porta: ma sarà tutta colpa sua?); quasi patologicamente proclive a sbadataggini seriali (chiamiamole così) in difesa, sui cross e di preferenza sui calci d’angolo, col saltuario concorso del portiere raiolesco. Senza dire della pirlaggine dei gol presi in extremis. Sì, i bilanci di fine campionato si potrebbero anche iniziare a fare. Ma prima c’è la Viola: vediamo di non dover tornare anzitempo da Formentera per affrontare i dopolavoristi di una qualche repubblica caucasica.
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