La dura lotta per la supremazia dentro una casa che non è più libera
Abbiamo provato con la voce suadente, ma la convivenza per ora è impossibile. Storia di un muro
Ogni giorno, appena svegli, ricomincia la guerra e io devo scegliere da che parte stare. Chi voglio difendere. Quali oggetti voglio salvare. Con chi voglio allearmi stamattina. Devo essere veloce, decisa e cinica, soprattutto non posso lasciarmi impietosire mai. Se il gatto mi guarda con amore e fa le fusa e cerca di convincermi di fargli superare il muro, io non devo cedere. Se un figlio prova a scavalcare il muro per portare soccorsi e croccantini al gatto, io devo fermarlo con tutti i mezzi a disposizione: minacce, paghette annullate, urla, lanci di cuscini, fino all’arma finale, la più scorretta, la più volgare: adesso riporto il cane al canile. Non mi importa più niente della libertà, dell’umanesimo, non mi importa di insegnare ai figli i valori fondamentali e l’importanza di ogni individuo, perché gli ideali non fanno nemmeno in tempo a nascere che vengono devastati dalla realtà più crudele ed evidente: il cane e il gatto si odiano, vogliono eliminarsi a vicenda, la pace nel mondo non esisterà mai e i miei figli devono farci i conti. Abbiamo provato con lo spray per animali al profumo di talco, perché si riconoscessero e amassero in nome dell’olfatto, ma nessun gatto è così scemo da lasciarsi spruzzare della roba addosso. Abbiamo provato con le spiegazioni, lunghi discorsi davanti alla porta chiusa del bagno, considerazioni sulla diversità che è un arricchimento, con la voce suadente perché ha detto l’educatore cinofilo che la voce suadente è importante per convincere gli animali, e così per qualche giorno tutti in casa abbiamo parlato con voci suadenti, sentendoci molto stupidi e desiderosi di tornare alle urla rabbiose.
Mia figlia ha persino letto passi del Piccolo Principe al cane, con la voce il più suadente possibile, soprattutto la parte sulla volpe, “se tu mi addomestichi noi avremo bisogno l’uno dell’altro, tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo”, e il cane scodinzolava e sembrava felice, e io allora ho avuto un pensiero suadente: adesso faccio l’albero di Natale, ma appena il cane ha visto il gatto sul divano (la differenza è che il gatto aveva visto il cane con ore di anticipo e aveva avuto il tempo di gonfiarsi e diventare, da minuscolo, esageratamente grande e spaventoso), il cane gli è corso incontro abbaiando, e il gatto, enorme come non è mai stato, ha ringhiato, soffiato e tirato zampate al cane e anche al divano quasi nuovo, che adesso è distrutto. Abbiamo abbandonato le voci suadenti e abbiamo urlato tutti, tirando il cane e il gatto di qua e di là, prendendoci graffi e morsi e ciuffi di pelo, e io per trascinare il cane in un’altra stanza ho rotto un tacco delle scarpe. In quel momento ho deciso che il tempo della persuasione suadente e degli alberi di Natale era finito, e ho costruito il muro di Berlino. Chi sta da una parte non può andare dall’altra. Chi sta con il cane deve stare lontano dal gatto. Chi sta in salotto non entra in camera da letto (io ho scelto Berlino Est, il gatto, la camera da letto: niente Sky, niente Wi-Fi, niente frigorifero, poche provviste, una luce fioca, nessun tavolo, nessuna possibilità di scappare se non dalla finestra rischiando la vita, e il dovere morale, ultimo gradino della dignità, di non fare briciole sul letto).
E’ una vita dura e contiene la consapevolezza della sopraffazione e di quanto fosse dolce e meravigliosa la libertà di andare, camminare, parlare, togliere tutte le chiavi dalle porte, per quella ossessione di non riuscire mai più ad aprire una porta chiusa a chiave, spalancare e sbattere altre porte e trovarsi al massimo di fronte una bambina che guardava video di cani, non un cane che si lancia sopra a un gatto e due figli ricoperti di peli e di graffi e di unghiate, e tutti i pupazzi con le gambe e le orecchie staccate perché nelle guerre ci sono le vittime, e nessun cuscino qui è rimasto vivo. Per fortuna, essendoci un muro, ci sono anche le spie coraggiose che portano informazioni e salsicce e biscottini a forma di osso da una parte all’altra del muro, e i dolci e il vino per chi fa da sentinella, e anche i film e le sigarette di contrabbando, da fumare alla finestra. E poi ci sono i momenti di pace, che non ci eravamo mai accorti di quanto fossero belli: quell’ora della notte in cui tutti dormono e nessuno si azzuffa, e a nessuno viene in mente di fare la guerra. In quell’ora si può girare liberamente per la casa e fingere che il muro non esista. In quell’ora il cane dorme in camera con i bambini, nella sua cuccia, e fa lunghi sospiri di felicità, e per nulla al mondo lascerebbe quella posizione, probabilmente anche se entrasse un ladro resterebbe lì sdraiato, beato e immobile, tutto pieno del suo nuovo status di cane di famiglia.
In quell’ora, con le luminarie di Natale che splendono fuori dalle finestre, sembra perfino possibile la convivenza, l’incanto della vigilia, l’attesa di qualcosa di buono che succederà domani, l’illusione che tutto tornerà a volgersi al bene. In quell’ora si può perfino immaginare di abbattere il muro, quando il gatto guarda la luna dal davanzale della finestra e sembra un gatto di ceramica che però fa le fusa ed è morbido, e nessuno ha fatto la pipì sul divano, e i bambini hanno detto: buonanotte, e sono filati a letto elettrizzati dalla compagnia del cane. Prima di addormentarsi si chiedevano l’un l’altro, nel letto a castello: secondo te lui che cosa sogna? Secondo me le palline che rotolano. Nooo, secondo me sogna di correre insieme a noi nei prati e poi di mangiare la mortadella. Mah, e se invece sogna i suoi amici cani del canile? Se li sogna, diventerà triste, allora è meglio se sogna il gatto e si sveglia abbaiando. Il gatto, in quell’ora di libertà, è arrivato fino alla porta e ha guardato dentro, per valutare le possibilità di pace. Disgustato, è tornato indietro lentamente, ed è andato a dormire al di là del muro.