Le mie bugie
La mamma non è morta, è svenuta ma niente di che, gli aerei non cadono mai: viva la vita, amore!
A mio figlio dico le bugie. Alcune le ha già scoperte, altre no. La prima bugia che gli ho detto è stata: dire le bugie è sbagliato, non si fa mai. A seguire gli ho giurato che dormire da soli è più bello che dormire in due. Non ci credo davvero ma visto che lui deve dormire da solo ho cercato di fare di un nostro bisogno una teoria. Gli ho poi detto milioni di volte che non bisogna avere paura. Proprio di niente. Ho divelto – imbastendo la questione con aggettivi sempre più seducenti – teorie di altri genitori o maestri, che implicavano allarmi e dottrine. L’ho fatto simulando serenità e assoluta attendibilità. Gli ho mentito con consistenza sulle cose piccole che celano continue insidie. Esempio: ci sono varie fiabe in cui la mamma muore e i bambini sono orfani. Muore quasi sempre nei Grimm ma muore troppo spesso pure in Roald Dahl. E la mamma muore subitissimo: prima pagina, dolore assoluto. Ecco io per anni ho saltato la premessa. Dicevo che la mamma non c’era trallallà o la mamma era svenuta ma niente di che o era a Bari per cose sue di doveri semplici, per altro doveri molto piacevoli (“Viva la vita, amore!”). Il nostro protagonista di fiaba era così rimasto solo a Milano o in una foresta ma non per un motivo triste (“Casa è ovunque, amore!”) e come diretta conseguenza di questa buffa, per nulla allarmante, separazione madre-figlio, le arrampicate narrative, il continuo reimpostare la trama per tenere in piedi la bugia, portavano a storie noiosissime e/o a epiloghi insensati. Le arrampicate poi avvenivano tra la veglia e il sonno e assumevano tratti monumentali o miseri a seconda dei martedì e a seconda dell’umore. Ma la mamma è ancora svenuta? Sì, amore. Svenire fa male? No, è divertente! Ma questa mamma solo per andare a divertirsi a Bari lascia il figlio a una matrigna che vuole mangiargli le cosce e divorargli gli occhi? Le mamme quindi possono essere cattive? Basta, è tardi, taci. Appena mio figlio ha capito che avevo paura di dire “mamma-morta”, ha iniziato a prendermi in giro. “Ok, confessa, morta anche stavolta?”.
Ha anche scoperto che le fiabe sono decisamente meglio di quanto pensasse. Altre bugie che gli ho detto sono state sulla morte in genere (“Morirò mamma?”. “Non è detto. Che il sole sorga domani è un ipotesi eccetera”). Ho poi spesso contato sulla vaghezza del concetto giorno-notte nella mente del bimbo, millantando che stavo via tre giorni e ne stavo via cinque o anche sette. Sono arrivata a tredici. E quando lui mi ha chiesto: “Tu hai almeno centocinquanta euro in banca così siamo a posto?”, io ho detto “Sì, in banca ho centocinquanta euro e ci basteranno per sempre”. Ho giurato che il dentista non fa mai male. Ho garantito che da noi non ci saranno mai le bombe e che anzi lui forse porterà la pace nel mondo: ci tiene a essere rassicurato su questo fronte e sento di doverlo sostenere (che il sole sorga etc.). Gli ho spiegato che i ladri da noi non entrano mai perché chi si fida viene trattato bene sempre e nessuno gli fa male mai. Ho detto – visto che tutti i mesi prendiamo almeno un aereo insieme e lui ogni mese ne prende anche uno da solo – che gli aerei non cadono. “Gli aerei che cadono”, perché ne ha visto uno su un giornale e ho dovuto dare una spiegazione come per le mamme morte, “sono solo quelli di latta”. Ho detto “di latta” e l’ho detto senza tentennare, “e gli aerei di latta ci sono solo nei paesi poverissimi, lontanissimi da qui, non so neanche i nomi di quei paesi poverissimi (che comunque dobbiamo sempre aiutare, in ogni modo possibile e visto che noi abbiamo centocinquanta euro, che c’importa?)”. Ho ovviamente confermato che Babbo Natale esiste (ma esiste solo fino a dodici anni e segue più o meno le stesse regole del minore non accompagnato di Alitalia ed è proprio per questo che l’aereo di mio figlio non può cadere. E questa, mi rendo conto, era una bugia veramente tirata per i capelli ma con l’aiuto di Babbo Natale a fare da diversivo, grazie cioè a quella sua mega pancia e alla sua super barba, mio figlio ha accolto la balla).
Avendo quindi costruito per lui una “teoria del tutto” falsata – ancora più traballante poiché sentimentale – fondata sulla ripetizione ossessiva di concetti romantici e su un ottimismo francamente allucinante, penso a volte alla mamma cattiva di Bad Boy Bubby che aveva convinto il figlio che fuori dal loro appartamento non c’era l’aria. Se sono più serena penso pure a Captain Fantastic. E se guardo alle dittature di ogni genitore, vedo che siamo tutti fornitori di convinzioni, tramiti per sistemi di valori totalmente random. I sistemi comprendono il fritto – fa in fondo bene, fa veramente malissimo – e quello che si pensa sui compiti, i migranti, passando per Israele, le donne e cose come se si può ammazzare un uomo. O ammazzare un bambino. “I bambini sono meravigliosi. Questo prima che sappiano alcunché”, dice Safran Foer nel suo ultimo libro e a me pare molto vero. Così a mio figlio dico le bugie e vendo incertezze per certezze, baratto paure con la parola forza, conscia di simulare e di essere in totale choc davanti a tanta meraviglia, a tanta purezza. La bugia fondante infatti è che io non proteggo lui. Io proteggo me.
Ilaria Bernardini è scrittrice e sceneggiatrice