La principessa Qualcosa di Troppo scopre la bellezza di Niente
Il nuovo romanzo di Chiara Gamberale si infila nei buchi del cuore e reinventa il mondo da capo
Dal primo strillo, appena la madre la strinse fra le braccia, fu chiaro ai genitori che in quella bambina c’era qualcosa. Qualcosa di complicato da spiegare, ma qualcosa di evidente. Qualcosa di meraviglioso, magari, ma pericoloso. Qualcosa che con il primo pianto mandava in pezzi tutti i cristalli del lampadario. Una bambina piccola piccola che tirava calci fortissimi, urla acutissime, sguardi spalancatissimi, sonni profondissimi. Per la gioia e lo sgomento dei suoi genitori, il re e la regina, era venuta al mondo la principessa Qualcosa di Troppo: suo padre, Qualcuno di Importante, l’aveva chiamata così dopo averla osservata nei suoi primi tre giorni di vita. Tutti desideriamo che nostro figlio sia speciale, intelligente, stupefacente, pieno di bellezza e fortuna, vogliamo che le fate gli regalino il mondo intero, speriamo che sarà felice, che sarà amato e che ci amerà. Fantastichiamo, costruiamo nella testa un’idea, una speranza, chiediamo a nostro figlio, nella mente, di arrivare dove noi non arriveremo, e nello stesso tempo di restarci accanto, volare lontano ma sempre per tornare ad abbracciarci: però mai gli augureremmo di essere qualcosa di troppo. Di divorare la vita, di volerne ancora, e ancora, di chiedere tanto, tutto, di avere una fame insaziabile di emozione, di sentimento, di attenzione, di stupore, senza riposo. Qualcosa di troppo, pensa un adulto già deluso e stanco, poi ti divora. Qualcosa di troppo ti trascina, ti comanda, non ti lascia in pace mai.
Ti sveglia la notte ridendo, ti fa piangere troppo, arrampicare sopra un arcobaleno per scoprire il segreto dell’universo, ti fa sentire sempre, sempre, sempre affamato: di avventure, di tramonti, di risate, di ululati. Anche indifferente allo sgomento degli altri, alla fatica di chi ama e vorrebbe un po’ di quiete. “Vorrei che tu non cambiassi sempre, vorrei farti felice e fermo almeno un momento. E’ questa l’unica cosa che valga”, scriveva Elsa Morante a Alberto Moravia. Una bambina, una piccola persona che ha già dentro qualcosa di troppo potrà sentirsi felice e ferma anche solo un momento? Chiara Gamberale ha messo nel suo nuovo romanzo uscito oggi per Longanesi, “Qualcosa”, l’intero mondo delle nostre ossessioni, del tormento e delle corse affannate nelle mani di una ragazzina di tredici anni con gli occhi gialli e spalancati che cerca di imparare a vivere, e all’inizio è convinta che imparare a vivere significhi riempire i buchi troppo buchi di un cuore troppo cuore.
Come il Piccolo Principe ha bisogno della volpe per capire che cos’è l’amicizia, Qualcosa di Troppo ha bisogno del cavalier Niente per fare pace con la sua furia, con i suoi buchi, con il bisogno continuo di accendersi per qualcosa che arriva da fuori e non da dentro. Questa è una favola, illustrata da Tuono Pettinato, come le storie per i bambini, ma è la storia profonda del vuoto di vivere, quando lo riempiamo troppo, e dei buchi nel cuore: la vita li costruisce, le nostre dita li allargano, dita come pensieri ossessivi, dita come abbagli, e quanta energia mettiamo, quanta fatica prima di capire che se impariamo a lasciare stare i buchi, ad accarezzarli, allora quei buchi diventano preziosi, passaggi segreti verso qualcosa che sta più un fondo, che ci riguarda di più, che può perfino farci felici e fermi, per un momento.
Chiara Gamberale ha creato una ragazzina vivissima e speciale che gli altri bambini, ragazzini Abbastanza (abbastanza felici, abbastanza annoiati, colorati di grigio) lasciano sola perché non hanno energia sufficiente per quella smania senza tregua: “Se la incontri per strada e le dici ciao, quella ti blocca e comincia a fare domande domande domande! Ti fa girare la testa! Chiacchiera senza prendere neanche il respiro! E se per un attimo ti distrai ti dà dei pizzicotti che il braccio diventa viola! Le partite a rubabandiera con lei possono durare una giornata, non ti molla mai, non le basta mai!”. Loro sono Abbastanza, lei è Troppo: un regalo, un demonio, con quel cuore gonfio e rosso e grosso che quando muore sua madre diventa un pezzo di groviera, e lei cerca di ingozzarlo di cose, di notizie, di avventure, vuole occupare tutto lo spazio, invece di stare ferma e non fare Niente. Come le ha consigliato un giorno il cavaliere che ha incontrato in cima alla collina, uscito da una siepe, vestito con un sacco dell’immondizia, sul naso degli occhialetti più sporchi del mondo, che sta in piedi come un palo storto oppure si siede per terra e semplicemente fischietta, con un filo d’erba in bocca, gli occhi rivolti al cielo, e le dice: ragazzina, smettila con questa lagna. Perché vuoi che tutti stiano in pena per te? Lui le cambia la musica dentro il cervello, lei lo trasforma nel contrario di niente. Il cavalier Niente è il personaggio comico, commovente, strambo, saggio e poetico che salva Qualcosa di Troppo e viene salvato da lei, e la fa felice e ferma a momenti: le insegna, senza insegnare, che “è il puro fatto di stare al mondo la vera avventura”.
Loro due insieme guardano il cielo, osservano la nebbia, si mettono in fila dietro una comitiva di lumache, non-fanno un mucchio di cose importanti, creano scherzi, nuove idee e parole e silenzi, soprattutto silenzi, creano il mondo da capo e addomesticano i buchi che hanno nel cuore, o almeno imparano a vivere insieme a quei buchi, a volere bene a tutta l’imperfezione, alla noia preziosa, anche all’Abbastanza. Questa favola riesce nell’impresa eccezionale di restare semplice anche mentre racconta e analizza la complessità del mondo interiore (alle prese con la vita là fuori) attraverso gli occhi di una ragazzina e i suoi innamoramenti, il suo entusiasmo, i disastri, la rabbia. La sua rabbia è sempre troppo rabbia, la ragazzina tira calci e urla, ma le passa subito, gli amori sono onde nella pancia e poi una mattina lei si sveglia e non ama più, non sente più niente.
Si innamora di Qualcosa di Blu, che piange sempre, di Qualcosa di Buffo, che la fa ridere, di Qualcosa di Speciale, che è un artista, di Qualcosa di Giusto, che combatte per aiutare l’umanità e i deboli e si nutre solo di bacche, e ogni volta Qualcosa di Troppo sente le vibrazioni, grida: è amore!, e le sembra di riempire il vuoto e si illude di sentirsi completa, viva, fino a che non sente più nemmeno le vibrazioni, le torna il vuoto e la prende una grande nostalgia del suo meraviglioso Niente. “Se non fai pace con lo spazio vuoto dentro di te, niente potrà mai davvero riempirti”, le dice Niente con gli occhiali sempre più sporchi, e la tosse sempre più secca. Perché forse davvero la vita è una bottiglia, e non ha senso riempirla di roba a caso, e fare i capricci quando sembra vuota: quando è vuota comincia la vera avventura, dentro di sé. E anche a voler essere a tutti i costi Niente, e ammirare soltanto il vuoto, serve il miracolo di una ragazzina-tormento con cui guardare le nuvole, per sentirsi vivi finalmente.