La paura dell'interrogazione di Educazione fisica, e di tutto il resto
L’equilibrio fra verità e bugie e la finzione di coraggio. Rivoluzione alle sei del mattino
Alle sei del mattino mia figlia si è infilata nel letto grande e mi ha abbracciato forte senza dire niente, ma fissandomi con gli occhi spalancati. Che succede, hai fatto un brutto sogno? Ha scosso la testa. Hai visto quella serie che ti fa paura con la figlia di Biancaneve che combatte Robin Hood ossessionato dalla giovinezza? Ha detto no, non mi fa più tanta paura. Sono finiti i biscotti per la colazione? No mamma, ne hai comprati sei pacchi. Il cane russava? Sì, ma non mi dà fastidio, anzi mi fa coraggio. Allora che è successo? Sono preoccupata per la scuola.
Lo sapevo già, ma fino all’ultimo istante ho sperato che la giornata cominciasse con un’altra risposta, con un’altra paura. Ce ne sono tante fra cui scegliere ogni giorno, questa è l’età della paura e noi siamo precipitati lì dentro con entusiasmo, fiducia e senso della catastrofe. Da lì bisogna passare, prima che lei diventi un’adolescente audace e io una madre colpevole. Mia figlia ha dieci anni, quasi undici, cuce insieme tutte le paure che capta, la meningite i ladri, le prese della corrente, l’ascensore che si blocca, l’Isis, il ragazzo che una sera ha perso le chiavi dentro un tombino e ci è annegato dentro, la regina di Cuori, la sigla di Twin Peaks, le mestruazioni, i fulmini, il computer che si incendia, il water che risucchia i corpi, ma soprattutto le verifiche di Geografia, con le cartine mute su cui scrivere i nomi dei laghi e le catene montuose e le città. Mamma ho paura che la gomma del motorino scoppi all’improvviso mentre siamo sotto il tunnel verso la scuola. Ho paura che mio fratello di notte si trasformi in un mostro più mostro di quello che già è. Ho paura che il cane preferiva stare al canile dove comunque c’era un sacco di prato verde e ho paura di dimenticarmi i capoluoghi dell’Emilia Romagna, e le Alpi Carniche non so che cosa siano, e perché devo studiare Arte se non sarò mai un’artista? Ho paura che quella stella si stacchi dal cielo e mi cada in testa, come fai a essere sicura che non succede? Tutte le paure del mondo si sono concentrate in una bambina che si tuffa dagli scogli e vuole accarezzare i ghepardi e vivere con gli animali in Africa.
Di notte dorme con una luce accesa, la porta aperta, una seconda luce, il cane e il fratello a pochi centimetri di distanza, e un orso di pezza molto rovinato che ha, dice, un calore interno che la protegge. Io fingevo soltanto di credere alla storia del calore interno, ma una volta in cui mia figlia non c’era ho provato l’orso, per curiosità, per scherzo, e questo calore interno è uscito davvero e per una notte non ho avuto paura di niente, non ho avuto bisogno di fingere. Io faccio finta per tutto il tempo di non avere paura, per tutto il tempo ho paura ma non voglio che si veda, non voglio che le mie paure si aggiungano alle loro, quindi dico sempre, mentendo: ma non c’è nulla di cui avere paura. Dico anche una cosa che per un po’ di tempo mi era sembrato facesse un grande effetto, ma ho notato che sta già tramontando: l’unica cosa di cui avere paura è la paura (da non confondere con la prudenza, con la ferma volontà di non gettare il phon acceso nella vasca da bagno piena d’acqua, con l’attenzione a non incendiarsi i capelli con i fornelli del gas e non sporgersi troppo dalla finestra quando passano le manifestazioni e anche, perché me lo diceva mia madre da piccola e non riesco a fare a meno di provare terrore, con il divieto di stare sdraiati con una caramella in bocca perché se la caramella scivola giù all’improvviso è sicuro che ci si soffoca). L’unica cosa di cui avere paura è la paura, e d’altra parte non riesco a dare la giusta importanza a un cinque in Geografia. Quindi è una lotta continua: passo metà tempo a fingere di non avere paura di niente e l’altra metà a fingere che i voti in Geografia siano importanti. Metà tempo a fingere di non preoccuparmi che lei porti fuori il cane da sola, il pomeriggio per duecento metri e ritorno, e l’altra metà tempo a spiegare quanto è importante saper compilare bene le cartine mute di Geografia. Sono lunghi pomeriggi di menzogne, di solito via WhatsApp e con le videochiamate, in un difficile equilibrio tra la verità che cerco di trasmettere e le bugie di cui la travesto, ma è crollato tutto la mattina alle sei in cui mia figlia, infilandosi nel letto grande, ha detto che era molto preoccupata per la scuola. Per la verifica di Geografia? No, ormai l’Emilia Romagna l’ho imparata. Per quella di Storia? Ha detto che non interroga. Per Scienze? Ho fatto con i nonni la ricerca sulla carta, ho incollato anche la carta igienica a fiori. Per Grammatica? No. Allora non capisco, state anche per andare in gita, che cosa c’è che ti fa paura? Non si può avere paura di tutto, bisogna essere un po’ coraggiosi. Ma lei ha detto: ho paura per l’interrogazione di Educazione fisica. Stai scherzando. No mamma. L’interrogazione? Sì, non facciamo sport, restiamo in classe e la prof. ci interroga sul corpo umano. Cioè non giocate a pallavolo, non fate le capriole, non fate la candela, non vi rotolate sui materassi? No, dobbiamo studiare l’apparato muscolare e io ho paura che la professoressa mi metta 4.
Lei mi confidava la sua paura e io scoprivo che alle sei di mattina non riesco ancora a mentire, non riesco a stare in equilibrio fra strategia della tensione, spargimento di serenità e rispetto dell’ordine scolastico. La verità di quello che penso di un’interrogazione di Educazione fisica è caduta sulle lenzuola, sulla coperta, sul gatto che ancora dormiva e si è svegliato, sul cane che aspettava fiducioso davanti alla porta, sul fratello che gridava perché non trovava i sei pacchi di biscotti. E’ caduta sulla giornata piovosa che stava cominciando, su tutti gli ostacoli ancora da abbattere e sullo zaino di scuola pieno di marmo, e la verità ha scacciato via la paura. Mia figlia si è entusiasmata per il mio diseducativo sfogo di sincerità, si è messa a ridere, ha chiesto se ero proprio sicura, se ero disposta a ripeterlo in pubblico, cioè nel gruppo WhatsApp dei genitori di scuola, io ho detto: sì, sono pronta, però adesso prima di indossare l’armatura e combattere contro la verifica orale di Educazione fisica e contro il mondo ho bisogno di molto caffè, di qualche biscotto, di farmi coraggio. Ma tu mamma non hai mai paura di niente! In quel momento avrei potuto confessarle che non è vero, che ho paura di tutto, anche del buio quasi come lei, e degli ascensori che precipitano, e ho paura di non arrivare in fondo alla giornata o di arrivarci male, con tutte le cose sbagliate e trascurate che mi inseguono e mi dicono: non hai mai studiato abbastanza Geografia, è per questo che fai tanto casino e nelle cartine mute non riesci a vedere niente. Ma troppa verità fa male, e io che vorrei essere coraggiosa e non lo sono preferisco insegnare a mia figlia il coraggio che non ho – magari a raccontarlo un po’ arriva davvero, piuttosto che affliggerla e frenarla con tutta la paura che ho. Abbiamo fatto colazione, indossato le nostre armature e gli elmetti, usato una gru per sollevare lo zaino, preso la merenda e siamo andate verso la giornata con un po’ di coraggio e un po’ di paura. La professoressa di Educazione fisica quel giorno era assente. La fortuna esiste, e la Geografia non sarà mai il nostro mestiere.