Il bacio di vero amore fra Cappuccetto Rosso e Dorothy del Kansas
Lezioni di vita, meccanici sessisti e serie tivù. L’ultimo giorno di scuola si piange sempre
L’ultimo giorno di scuola ho accompagnato mia figlia a piedi, perché il motorino è rotto. Ed è rotto in un modo che mi fa pensare con una rabbia vittimista e ideologica ai rapporti fra uomini e donne, di questo mi vergogno ma più della vergogna pesa l’assenza di motorino. Il mio motorino è rotto da venti giorni, venti giorni fa l’ho portato dal meccanico, che è un maschio e ha due dipendenti maschi, e venti giorni non sono bastati a questi tre maschi per aggiustare il motorino, smontarlo, ricostruirlo, anche scambiarlo con un altro, restituirmene uno qualunque ma funzionante. Vado là quasi ogni mattina, appena aprono, in cerca di notizie, con aria di speranza, e ogni volta tutti e tre fanno una faccia annoiata e mi dicono che il motorino “è in diagnosi”, e che stanno facendo il possibile; intanto vedo uomini ritirare soddisfatti le loro moto luccicanti e rombanti, e vedo questi tre meccanici trattarmi come un fantasma e decidere che io posso aspettare, tanto che cosa avrò mai di urgente da fare con questo motorino, e comunque non ci capisco niente quindi per me “in diagnosi” può significare tutto, anche che me l’hanno rubato. L’ultima volta che sono stata là, due giorni fa, ho visto da lontano il terzo meccanico e potrei quasi giurare che riconoscendomi ha fatto una faccia di esasperazione, e allora ho sentito montarmi dentro Rosa Parks, Betty Friedan, Simone de Beauvoir, ma anche Erica Jong e qualche Jack Lo Squartatore femmina, tutte insieme mi gridavano di farmi valere contro l’ingiustizia. Così sono entrata, accompagnata dal mio cane basso e a forma di salsiccia, e ho detto: spero che il mio motorino adesso sia pronto. Mi ha risposto il meccanico numero tre, tutto strascicato: no signora, il suo motorino è in diagnosi. Io ho detto: ma mi state prendendo in giro? Lui ha detto solo: no, ha abbassato gli occhi e ha consegnato una moto splendente a un uomo in giacca e cravatta che firmava felice un assegno e mi guardava con compatimento. Allora ho fatto un monologo contro questa mancanza di serietà, l’assurdità di aspettare più di due settimane per un motorino che non parte, la loro indifferenza verso una cliente che ha comprato il motorino proprio lì solo un anno fa, e non mi sono sentita per niente meglio. Me ne sono andata, avvertendo la totale assenza di turbamento nei tre meccanici, e ho pensato che se al posto mio ci fosse stato mio marito, o un vicino di casa maschio, non si sarebbero mai permessi di trattarlo così: mi sono arrabbiata ancora di più con me stessa, con la storia del femminismo, naturalmente anche con mio marito e con tutti i vicini di casa maschi che non sono andati dal meccanico al posto mio. Ma di più con mio marito.
E a causa di questa battaglia di genere che ho perso, l’ultimo giorno di scuola siamo andate, io e mia figlia, a piedi, io con il suo zaino sulle spalle lei con uno sconvolgimento addosso: nella sua serie televisiva preferita (“Once upon a time”, una storia fantasy e infinita arrivata alla fine della sesta stagione, sulla prosecuzione delle favole classiche nella modernità, che lei vede su Netflix giorno e notte), era successa una cosa pazzesca. Talmente pazzesca che mentre la raccontava ha tirato un calcio all’aria, ha riappoggiato male il piede, ha spaccato il sandalo sinistro, il cui laccio adesso strisciava morto sul marciapiede. Motorino rotto, scarpe rotte, autobus che ci passa davanti senza fermarsi, eppure bisogna andare a scuola, affrontare la vita, lo strapotere dei maschi, il soffitto di cristallo, così ho iniziato un discorso confuso e agitato mentre mia figlia, trascinando il sandalo rotto come una ciabatta (e le ciabatte per strada di prima mattina mi fanno sentire molto infelice) cercava di interrompermi e io le dicevo: non interrompermi, non lo capisci che ti sto spiegando il mondo? E gesticolavo. E lei: mamma, hai presente Cappuccetto Rosso? Ma io non la ascoltavo: basta con queste favole da bambini, ormai sei grande è ora che tu sappia come va il mondo e chi è davvero il lupo cattivo, però smettila di ciabattare per favore.
La vita dei figli non è sempre semplice, soprattutto quando il motorino è rotto. Comunque, ormai quasi davanti a scuola, mia figlia è riuscita a interrompere il mio delirio sessista, e ha detto: lo vuoi sapere o no chi ha dato il bacio del vero amore? Ho risposto che i principi azzurri non esistono, meglio chiarirlo subito per evitare illusioni, che poi dicono che faranno tutto loro, aggiusteranno anche il lavandino, e non è mai vero. Lei ha detto: mamma, ti prego calmati, ti ricordi Dorothy del Mago di Oz? E certo che me la ricordo! Il Kansas, il tornado, l’omino di latta, la strega dell’Ovest, le scarpette d’argento, non ho mai capito perché Dorothy volesse tornare a casa dai quegli zii tristi che non festeggiavano mai niente, sicuramente maschilisti, dopo avere salvato il regno di Oz praticamente da sola, mostrando un coraggio che eccetera. Mamma, Cappuccetto Rosso ha dato il bacio di vero amore a Dorothy, che era caduta addormentata, e Dorothy si è risvegliata e si sono commosse e poi si sono ribaciate, ma un bacio vero e lungo sulla bocca! Hai capito adesso? E i personaggi intorno applaudivano commossi. Mamma, Dorothy e Cappuccetto Rosso nella quinta stagione si sono innamorate.
Sì, adesso ho capito, e tu che hai pensato? Ma l’ha visto anche tuo fratello? Sì certo, però Giulio vomita sempre per tutti i baci tranne che per quelli agli animali, quindi non gliene fregava niente, ha detto solo: che schifo, come sempre.
Sollevata, ho smesso di pensare al motorino e mi sono concentrata su Cappuccetto Rosso (Cara Cappuccetto Rosso, voglio chiederti scusa: ti ho sempre trovata insopportabilmente insulsa. Con il cestino della merenda e quella socievolezza fine a se stessa, non avevi mai niente di interessante da dire, tanto valeva tacere e non passare dal bosco. Poi, cara Cappuccetto, bisogna essere veramente cretine per confondere un lupo con una nonna. Insomma, fra tutte quelle imbranatissime eroine incapaci, io disprezzavo soprattutto te e il tuo cappuccio rosso. Di Dorothy l’avevo capito, che aveva dei tormenti, che aveva una personalità. Ma tu mi sembravi solo affamata di dolci e di fiorellini. Perdonami, sono stata superficiale, ora ti ho completamente rivalutato). Mia figlia era in trionfo: mi hai sempre detto che era una serie bruttissima, da bambini, con Capitan Uncino e la Regina Cattiva, e invece ci sono due donne che si amano e tu neanche lo sapevi. Sono rimasta in silenzio, sconfitta, l’ho salutata davanti a scuola e le ho promesso di portarle un paio di sandali nuovi all’uscita. In realtà mi sono precipitata su Netflix a guardare il bacio di vero amore, di cui si era parlato un anno fa, e io non me ne ero accorta. Però adesso guardare le serie non significa aspettare l’appuntamento settimanale, ma vedere dieci puntate, due stagioni alla volta, non dormire la notte, mettersi in pari con il mondo in un fine settimana, sfasciare in crisi d’astinenza case prive di wi fi. Ho visto questo bacio, inequivocabilmente d’amore, fra Cappuccetto Rosso e Dorothy del Kansas, e ho pensato che ho sbagliato a non spiegare niente ai miei figli sull’amore. Ma che ne so io dell’amore, se nessuno va al posto mio dal meccanico a reclamare il motorino. All’uscita da scuola, con i sandali nuovi in mano, ho chiesto a mia figlia che cosa pensasse dell’amore. Ma è ovvio, due che si amano e che si salvano e che si raccontano un sacco di storie fichissime, ha detto. Stavo per commuovermi, ma lei ha guardato i sandali: sono orribili, non me li metterò mai, ed è scoppiata a piangere.