Non voglio sapere chi è stato. L'estate non è un circolo del bridge
Difesa silenziosa delle pallonate in faccia e delle croste sulle ginocchia, senza fare la spia
E adesso che finalmente siete liberi, bambini delle elementari, quasi ragazzi delle medie, che cosa pensate di fare di tutta questa vita estiva, di queste giornate lunghe, di questo sole che vi brucia le spalle al mare? Mio figlio ha detto che la scuola gli ha rovinato la vita per sempre, e anche se non ha intenzione di fare nemmeno uno degli esercizi delle vacanze che gli ha dato la maestra, non ci sarà più una felicità intera, una gioia assoluta. Purtroppo è così e basta, ha detto con la pistola d’acqua in mano, carica, e un panino alla porchetta nell’altra mano, perché dopo la guerra di pistole d’acqua viene sempre una fame assurda. Gli ho detto: certo è una fortuna che la scuola non ti abbia tolto per sempre anche la voglia di panino alla porchetta, sennò significherebbe che non c’è più speranza, che anche le vacanze sono distrutte, anzi che la scuola ricomincia domani, anzi è quasi ora di andare a dormire, domani devi alzarti presto per fare i compiti. Non pensavo che fosse così suscettibile, comunque ha detto con una voce nuova e roca da pugile che non sono per niente belli i miei scherzi, e mi ha sparato tutta l’acqua addosso con una violenza esagerata, e io sono quasi morta. Ma lo accetto. Accetto che mio figlio mi spari con la sua pistola d’acqua, se è una cosa fra me e lui e se io posso reagire, vendicarmi, usare la mia autorità in modo anche ingiusto, ad esempio ho pensato che potrei levargli la paghetta perché mi ha bagnato il vestito e i capelli, ma non mi sembra crudele abbastanza, quindi devo pensare a qualcosa di più cattivo, come ad esempio fare lo schiavo di sua sorella per una sera intera, ecco questo potrebbe essere davvero il massimo della disumanità, potrebbe placarmi. Deciderò quando mi pare, con tutta la libertà che mi viene dal fatto di essere sua madre, farò tutti gli sbagli che ritengo giusti.
Comunque un giorno mi rinfaccerà tutto, allora tanto vale che ci divertiamo. Quindi accetto la pistolettata d’acqua sul vestito nuovo un minuto prima di andare a lavorare. Va bene. Ma non accetto, e lo dico anche proprio come una minaccia verso qualche genitore che per sbaglio sia inciampato in queste righe e si stia chiedendo: ma parla di me?, ecco sì, siediti un momento, perché parlo di te: non accetterò le rimostranze di un figlio non mio, non accetterò un’estate in cui devo sgridare i miei figli non per cose che hanno fatto a me o che io ho visto con i miei occhi fare ad altri, ma per scemenze, lagne, rivendicazioni di giustizia per altri figli ma soprattutto per altri genitori. I sommari processi estivi e la giustizia vicaria non mi distruggeranno le vacanze. Quindi: qualunque bambino non mio correrà verso di me o verso un suo genitore piangendo perché giocando a pallavolo in mare mia figlia o mio figlio o qualunque bambino affidato temporaneamente a me gli ha tirato la palla in faccia, o la sabbia addosso, o l’ha fatto cadere, o gli ha tirato un calcio, o gli ha distrutto l’autostima vincendo la gara barando, io non alzerò nemmeno gli occhi dal libro. Mi trasformerò in una statua di sale. Mi travestirò da ombrellone.
Non ne voglio sapere, non muoverò un dito, non sgriderò nessuno e non asseconderò mai la logica della spia. Se tu, bambino anche simpatico, anche dolce, anche sveglio, stai venendo a chiedermi di fare giustizia in base alla tua lacrimosa testimonianza e alle tue urla disperate, che di solito si placano appena tua madre ti compra le patatine, sappi che io mi metterò le cuffie e ascolterò qualunque musica da discoteca per non sentirti. E non mi importa se tua madre mi guarderà con odio, io alzerò la musica e non dirò niente. Perché tu, bambino, prima di tutto non stai sanguinando. E di solito il sangue è un buon indicatore del fatto che qualcuno si è fatto male. Tu non stai sanguinando e però è la sesta volta, oggi, che urli che qualcuno ha attentato alla tua vita con la sabbia, con una palla, con una pistola d’acqua. Ed è la sesta volta che tua madre accorre alle tue urla e grida: chi è stato? Ecco, io non voglio sapere chi è stato. Non me ne importa niente. Vedetevela voi, siete bambini, la scuola è finita, siete liberi, perché vi comportate come signore del bridge invece che come pirati? Se giocate a fare la lotta, o a chi cade prima in acqua, o a calcio, o a qualunque cosa non sia la PlayStation, è assolutamente previsto e ovvio e anche sano che qualcuno a un certo punto si farà male. Perché non siete sul divano, siete nel mondo là fuori, e insomma il pallone vi finirà in faccia, e vi farà bene.
Fate quello che vi pare con la vostra pallonata in faccia, anche se io penso che dovreste tenervela, ma non venite a dirlo a me. Perché sono sorda, cieca, indifferente, sono una madre cattiva. Perché ho già proibito molti anni fa ai miei figli di venirmi a dire che Pinco o Pallino li hanno fatti cadere nella sabbia, e quindi loro non vengono mai, e la sera magari hanno un bernoccolo in testa, un graffio in faccia, ma non dicono niente e nemmeno si ricordano chi è stato, com’è successo, quindi capite che se loro non vengono mai a fare la spia e voi invece venite sempre a lamentarvi, questa non è giustizia, ma è un modo sicuro di rovinarsi le vacanze. Lo dico a voi, perché le vostre madri sono occupate a gridare: chi è stato?, e sono concentrate nel pretendere le scuse di chiunque, e anche nel chiedere il ghiaccio da mettere sulla fronte di un bambino di tredici anni che non ha nessun bernoccolo e però continua a piangere, ma io, travestita da ombrellone, con le cuffie a volume altissimo e il libro davanti alla faccia, non litigherò, opporrò a questa violenza lacrimosa una non violenza silenziosa. Non voglio sapere chi è stato, non credo al dolore insopportabile di una caduta sulla sabbia, e non credo alle estati senza croste sulle ginocchia. Credo però nei ghiaccioli collettivi come consolazione e liberazione da ogni male.