Le mie amiche
Insieme abbiamo scalato le montagne e cucinato spaghetti, ma adesso vedo i loro superpoteri
Io le ho viste. Le mani delle mie amiche da due diventare tre, quattro, persino sei. Per allungare a una piccoletta un pezzetto di pizza mentre si allatta un secondo bambino e intanto si gesticola per spiegarmi meglio un concetto. Per spingere su un autobus di Roma un passeggino mentre si tiene un braccio un fagotto che dorme e si cerca il borsellino nelle tasche. Per fare una carezza ed evitare un pianto mentre si spiega alla sorella più grande come fare le bolle di sapone giganti.
Io non ho figli, e non so come si faccia. Ma i figli delle altre mi hanno insegnato che esistono le super eroine. La prima volta è capitato con Cecilia. Ero andata a trovarla in ospedale, il suo bambino più piccolo era scampato a un ictus, tanto improvviso quanto potenzialmente mortale. Ero andata per dirle che le volevo bene, e per farla parlare, perché pensavo che magari avrebbe voluto sfogarsi un po’, dopo tre giorni in terapia intensiva e la paura di vedere morire il proprio figlio. Mi ha raccontato di quando ha portato il piccolo al pronto soccorso: “Sai, se non fossimo stati al pronto soccorso sarebbe morto, non so perché l’ho fatto, ma sentivo che c’era qualcosa che davvero non andava”. E io, cercando di non svenire, di non piangere, cercando di starle vicina, l’unica cosa che sono riuscita a dirle è stata: “Sei una mamma, lo sapevi per quello”. Ed è lì che ho cominciato a vedere: oltre alla gioia di guardare crescere le pance delle mie amiche, oltre alla curiosità di conoscere i loro bambini e riconoscerne lineamenti e lati del carattere, oltre alla partecipazione emozionata in queste avventure, ho cominciato a vedere che in loro c’era qualcosa di nuovo, che non posso che chiamare superpoteri.
Le conosco, le mie amiche. Insieme abbiamo chiacchierato fino alle ore piccole, studiato come matte per preparare esami inutili o bellissimi, imparato a preparare la pasta al sugo con l’acciuga e l’aglio come si fa a Napoli. Abbiamo dormito in tenda e in rifugi in montagna, ci siamo arrampicate su ruderi altissimi che oggi con le vertigini non so come abbiamo fatto e neanche quale fosse la necessità insopprimibile che ci portava lassù. Abbiamo nuotato di notte nell’Atlantico gelato, ci siamo scambiate libri e vestiti. Ci siamo scritte migliaia di mail, biglietti con le foglie autunnali raccolte e seccate. Ci siamo volute bene, e cercate, e insieme ci siamo sentite forti, libere, e piene di gioia.
Oggi le guardo, con i loro superpoteri. E non posso non pensare che quando scalavamo ruderi, cucinavamo spaghetti, provavamo un vestito da sera, tutta quella forza, quella bellezza, quella capacità di cura e quella allegria fossero già dentro di loro. Ed è perché loro sono fatte così che ci siamo tanto divertite, ed è per questo che loro, con quei fagottini addosso che frullano solo vita, sembrano così tanto felici.
Lia Quartapelle è deputato del Pd