Se i bambini non vogliono Sanremo mandateli a dormire
Mi sono sentita in colpa per avere mandato a letto mio figlio? No. Vecchi, ma non vecchissimi. Le belle canzoni che ci offrono la certezza di avere vissuto
Ci sono stati momenti di tensione. Per mio figlio, che guarda solo gli youtubers e qualche serie con sua sorella, Sanremo è un affronto. La televisione grande, cioè l’unica, quella in salotto, accesa su Rai Uno, è qualcosa che non riesce ad accettare. Sono quasi nove anni che gli dico dieci volte a sera: abbassa il volume, e lui in queste sere ci guarda, ci lancia i cuscini e dice: almeno potete abbassare? No, non possiamo abbassare, e anzi spegni quell’iPad prima che io lo lanci dalla finestra: c’è Ornella Vanoni e devo sentirla a palla. Lui era molto arrabbiato, trovava inconcepibile che tutti noi guardassimo questa cosa strana chiamata Festival di Sanremo, era disgustato da sua sorella più grande che aveva riconosciuto la canzone di Biancaneve cantata da Michelle Hunziker e Claudio Baglioni, la seconda sera, continuava a cercare di distrarla mentre lei voleva dare i voti alle canzoni. Noi abbiamo riso per un po’ di fronte a questa sua volontà di distruggerci le serate sul divano, abbiamo per qualche secondo, non di più, riflettuto sul fatto che un ragazzino nato nel 2009 difficilmente apprezzerà Nessun dorma e i ricordi di Pippo Baudo, eravamo parzialmente disposti a riconoscere le ragioni del suo sconcerto, fino a che nostro figlio ha usato la parola sbagliata. Ha detto “vecchi”. Ha detto “vecchi” due volte, la prima rivolto alla televisione e la seconda rivolta a noi, seduti a cantare Mille giorni di te e di me con Baglioni e Biagio Antonacci (io ho fatto anche un video con il telefono), e allora in quel salotto, davanti alla tivù accesa su Sanremo, si è scatenata la rivolta. Hai detto vecchi? E allora tu adesso vai a dormire e la smetti di scocciare e per un mese ti vieto di guardare quei cretini di youtubers, anzi per sei anni, anzi fino a quando compi diciott’anni, buonanotte.
Per quale motivo dovrei avere gli stessi gusti di mio figlio di nove anni, ma soprattutto perché devo accettare che sbeffeggi le mie canzoni, i miei cantanti, i miei quaranta sanremi? Lui è andato davvero a letto, infuriato, e però l’ho sentivo mentre a letto cantava Despacito.
Mi sono sentita in colpa per aver mandato a letto mio figlio pur di guardare in pace Sanremo? Per niente. Anzi ho deciso di cominciare a ribellarmi molto più spesso, forse comincerò anche a citofonare alle persone invece di mandare messaggi, come ha suggerito Biagio Antonacci, dirò: facciamo due passi insieme. “Se qualcuno mi citofona senza preavviso per dirmi: facciamo due passi insieme, io penso di chiamare la polizia”, ha detto mio marito. Anche se ti citofono io?, ho chiesto. Ha detto di sì, che citofonare è un atto troppo invadente, che prima di citofonare devo avvertirlo che citofonerò con un messaggio o con una telefonata. Anche se è anche casa mia? Anche se è anche casa tua. Non potendo mandare a dormire anche lui, abbiamo deciso di guardare Sanremo e basta, per tutte le sere fino a sabato sera, con i figli o senza (dopo avere staccato il citofono), sperando sempre nelle vecchie canzoni, esaltandoci per Poster di Claudio Baglioni fatta dai Negramaro. “E l’orologio contro il muro segna l’una e dieci da due anni in qua, il nome di questa stazione è mezzo cancellato dall’umidità, un poster che qualcuno ha già scarabocchiato dice ‘Vieni in Tunisia’, c’è un mare di velluto ed una palma e tu che sogni di fuggire via…” è qualcosa che, è vero, ha a che fare soltanto con noi, ma è questo ciò che offre una canzone, quando è bella, quando ha una storia, quando è vera: una consolazione, un ricordo, anche la certezza di avere vissuto. Io mi ricordo il quarantacinque giri su cui ascoltavo Poster, forse nell’altro lato c’era Sabato pomeriggio, e magari mio figlio fra trent’anni si commuoverà con Occidentali’s Karma, io non potrò farci niente, e suo figlio gli urlerà: vecchio. Allora io spero che lui lo manderà a letto in punizione e non si sentirà in colpa.
Noi intanto abbiamo scoperto che mia figlia di undici anni ha una specie di cotta per Pierfrancesco Favino, “perché canta e balla bene ed è un po’ bello”, e anche se ha detto che Sanremo purtroppo non è come X-Factor, ha cantato Samarcanda, perché la ascoltiamo sempre nei viaggi in auto, e perché stare nel mondo significa anche avere ascoltato le vecchie canzoni di Vecchioni, e conoscere Fabrizio De André e Lucio Dalla (sennò vai a dormire). Vecchioni ha detto martedì sera che le canzoni sono “il meraviglioso dono del piccolo”, e Claudio Baglioni per la prima volta si è un po’ ammorbidito, quasi illuminato, anche se non lo aveva detto lui, e io mi sono sentita un po’ in colpa, mi sono alzata in piedi per andare a vedere se mio figlio stesse davvero dormendo, ho fatto due passi e l’ho trovato in corridoio, sveglissimo. Che fai?, gli ho chiesto. Guardo Sanremo, ha detto, siete vecchi ma non vecchissimi.