Quante cose che non saprò di loro, e che sollievo non scoprirle mai
Non posso fare scommesse su queste vite che non sono la mia. Unica regola: i pomodori
Oggi comincia un’estate lunghissima. Mia figlia ha finito gli esami, mio figlio ha avuto la pagella e le maestre mi hanno detto che è molto maturato, anche se in effetti bisognerà, alle medie, trovare il modo di convincerlo a fare le verifiche scritte di grammatica: per ora si rifiuta, aspetta a braccia incrociate e consegna il foglio bianco.
Non lo sapevo, ho detto, mortificata. Quante cose che non sa, hanno sorriso loro, benevole, e quante cose che non saprà, d’ora in avanti.
Quante cose che non so di loro, pensavo tornando a casa con in mano la pagella e altre rivelazioni sulle lacrime di mio figlio l’ultimo giorno di scuola. Ma mi accorgevo con stupore che questo pensiero, invece di spaventarmi, mi sollevava. Non sapevo nemmeno che mia figlia fosse una così grande esperta di Guerra fredda, né che scrivesse poesie, non sapevo che avesse insegnato al cane a dare il cinque con la zampa prima di sdraiarsi a pancia in su, non sapevo nemmeno che mio figlio spiasse di pomeriggio la bambina del primo piano (me lo ha detto lei: sai che tuo figlio mi stalkera, mi guarda dalla finestra mentre ballo in cortile? La parola stalker avrebbe dovuto allarmarmi, ma lei ha aggiunto: sono molto felice perché poi lui scende giù e giochiamo a ping pong).
Non sapevo che i maschi della sua classe avessero stilato una classifica delle madri più belle e anche di quelle più brutte, e comunque preferirei continuare a non saperlo.
Tutto quello che non so e che un giorno scoprirò (anche chi ha messo il mio anello nel cassetto delle mutande, i miei pantaloni nella cesta dei giochi, il mio libro nella cuccia del cane), ma soprattutto quello che non saprò mai, mi fa capire che non posso fare nessun programma e nessuna scommessa su queste vite che non sono la mia. Non sono la mia, non sono come la mia, loro sono diversi da me (quindi forse un giorno saranno anche ordinati, sportivi, organizzati e ricchi), mi guardano stupiti ma totalmente privi di interesse, anzi con metà corpo già girato verso la porta, ogni volta che, gesticolando e trasformandomi in Edmondo De Amicis, inizio un discorso con: perché io alla vostra età (mi attribuisco qualità che non ho mai posseduto e voti che non ho mai avuto, perfino vittorie sportive mai esistite). E quindi è semplice: non devo dirlo più, non devo pensarci più. Accetterò il loro mistero con fiducia, o comunque con speranza. L’unica cosa che posso davvero fare, senza sembrare una chiromante ciarlatana e moralista che manda per email previsioni del futuro a pagamento, è un piano per questa estate lunghissima. Lunghissima per loro, perché quando sarà finita entreranno in un altro mondo (le medie, il liceo), brevissima per me, che devo cercare almeno di ricordarmela, di non farla scivolare via in un secondo.
Il piano allora, ho deciso, è questo: fate quello che volete. Cento tuffi al giorno oppure nessun tuffo, un libro al giorno o nessun libro, l’alfabeto greco ad agosto oppure niente alfabeto greco fino a settembre, separare finalmente le stanze oppure dormire ancora insieme lanciandosi proiettili di gomma da un letto all’altro. Fate quello che volete, raccontatemelo ogni tanto, venite a darmi un bacio verso sera.
L’unica cosa importante, su cui non transigo, l’unica regola inviolabile, è che mangiate i pomodori. Se mangiate i pomodori io sono tranquilla. Mi sono preparata un discorso che farò questa sera, tutto incentrato sui pomodori. Dovrò chiudere a chiave, perché appena inizio a parlare loro si girano verso la porta e simulano dei terribili mal di pancia, temendo giustamente che io inizi a raccontare di quando avevo la loro età e salvavo persone dagli incendi e risolvevo equazioni di ventisettesimo grado e avevo un solo paio di scarpe e scrivevo con la luce di una lampadina molto fioca ed ero sempre felice. Certo, potrei dire che non era vero, che anche loro non sanno tante cose di me, ma penso che sia meglio che io parli dell’importanza dei pomodori.