Le avventure di Guia Soncini a Roma, la pioggia di rane e la gente più sfortunata di lei

Guia Soncini

Un paio di novecentesche ore senza telefono a superare gli ostacoli della città. La lettera ad Annalena Benini

Cara Annalena, avevo un’intervista a Roma alle 4 di pomeriggio. Una volta questa frase non sarebbe stata presaga di tragedie, ma ormai quando una dalla civiltà scende a Roma gli indigeni le preconizzano pioggia di rane, invasioni di cavallette, e ratti che ti mordono alle caviglie se metti la gonna. Ieri, sull’elenco degli ostacoli abituali (“Devi calcolare almeno un’ora per trovare il taxi a Termini”, “Aggiungi un’ora di ritardo che sicuramente farà il treno”, “Il vaccino per la febbre gialla te lo sei fatto?”) avevano apposto la ciliegina-Putin: “Le strade sono tutte chiuse, non riuscirai mai ad arrivare, rimanda”. Ero in treno che mi sentivo come una che sta partendo per l’India per vedere che c’è chi sta peggio, quando il telefono ha smesso di farmi vedere tutto: WhatsApp, sms, mail. È durata un paio di novecentesche ore, nel corso delle quali ho dovuto fare cose dimenticate come telefonare e farmi dettare l’indirizzo dell’intervistata da annotare a penna. Ero determinata a ritenermi la più sfortunata umana che avesse mai vissuto la giornata di ieri, poi una telefonata m’ha fatto la domanda che, come in un film americano, m’ha illuminata circa l’esistenza di sfortunati più sfortunati di me: “Ma tu vieni allo Strega stasera?”.

 

Guia Soncini

 

Cara Guia, se una buca bollente non ti inghiotte, o se ti inghiotte e ti risputa fuori, con i tacchi rotti ma intera, significa che Roma si ricorda di te e ti ama ancora. Bentornata dunque: bevi qualcosa, cosa volevi, vuoi far l’amore con noi.

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