Cuore, dove sei?

Giacomo Giossi

Interno familiare indecifrabile con formidabile idea di figlio. Chiara Valerio e le metamorfosi

Volteggia l’assenza involontaria di Andrea Dileva che, professore quarantenne, si sveglia una mattina insieme a Laura, la sua compagna e scopre di non avere più un battito, più un pulsare. In poche parole Andrea non ha più un cuore. E non è morto. Ed è solo l’inizio.

 

Parte da qui l’ultimo, rapido e sincopato, romanzo di Chiara Valerio, Il cuore non si vede (Einaudi Supercoralli, 160 pagine, 17,50 euro): da un uomo e dalla scomparsa dei suoi organi interni, da una tutt’altro che insostenibile leggerezza dell’essere che si tramuta in vacanza e assenza di stimoli e sguardi sparsi verso il vuoto intercambiabile fatto di corpi, giorni e sentimenti.

 

Andrea in fondo è come Laura e Laura non è molto diversa poi da Carla, l’amante di Andrea che però ama soltanto Laura. L’essenza, ciò che contraddistingue i personaggi in scena si riduce così a una contraddizione, ultima frontiera del conflitto e sua brace perenne.

 

In questo ballo continuo di fine anno una sola cosa pare essere in grado di interrompere il ritmo, restituire l’ordine del tempo e il suo divenire, almeno prima che l’assenza si prenda la meglio su tutto e su tutti ancora una volta. E’ il mito, la fuga dal reale, ovvero l’unico luogo in cui è possibile riconoscersi e ritrovarsi.

 

Il mito si traduce in un pensiero che si fa racconto destinato da Andrea a Simone, figlio di Carla. Simone ascolta, guarda e traduce, figlio raro di infinite e confuse relazioni e identità, Simone si fa carico del mito e lo riporta nei suoi giorni in forma di spiegazione, risultato matematico certo di un destino che lascia ancora aperte le sue possibilità mentre là fuori, oltre i suoi occhi, tutto si fa presunto.

 

Chiara Valerio ritrae un interno familiare che è uno spazio espanso, improvvisato quanto indecifrabile nella sua confusione di ruoli e relazioni: una narrazione precisa capace di restituire l’ordito del contemporaneo attraverso la rivisitazione dei miti che si fanno necessariamente racconto e fantasia per un figlio. Simone è il punto di equilibrio generazionale: l’unico in grado di vedere per davvero. I figli partono dal vuoto, dall’assenza più che dal desiderio sembra suggerire Chiara Valerio, dall’incapacità dei quarantenni di darsi (e riconoscersi) cuore, fegato e polmoni.

 

Simone guarda e gongola, domanda come se il suo ruolo non fosse più quello di chi cresce, cambia, si fa padre e madre, protagonista di una storia. Simone è in cerca della risposta migliore, guarda e cerca l’unica cosa necessaria, ossia la presenza nelle sue infinite e meravigliose forme.

 

Simone rifugge la rincorsa e assiste all’evaporazione di madri e padri imbrigliati in relazioni che forse almeno un tempo hanno provato a rendere libere, ma che poi si sono trasformate inesorabilmente in dolori più o meno sopiti e in disgraziate occasioni mancate.

 

Territorio quasi assoluto dell’inazione è il letto, vero e proprio palcoscenico del romanzo. Tra le lenzuola infatti Andrea scopre per la prima volta l’assenza del suo cuore. Avvicina il petto a Laura, ma nulla sembra più battere dentro di lui.

 

Non vale più la sua nudità e nemmeno quella di Laura, non valgono più i loro corpi e nemmeno la grazia perduta del loro amore. Il letto non vale più per l’amore, ma diventa il luogo per il sonno, per l’angoscia, per la disgrazia ridicola dei corpi, dei loro genitali esposti ai loro sguardi smarriti e disarmati di fronte all’indecisione (eterna) se restare o andare via.

 

Preferire il caso al destino è l’ultima spiaggia dei romantici, l’involontario come organicità politica ed esistenziale. Ride Andrea mentre ancora pensa che sia possibile risalire oltre la corrente delle sue incerte relazioni. Tenta di recuperare come un salmone in estinzione un poco di senso e di ordine, ma Simone lo aspetta quale padre in sostituzione, zio facente funzione, professore fuori orario. E tutto nuovamente si mischia con il solo risultato di scomparire.

 

Simone alla fine sta nel mezzo a segnalare che gli unici a esistere e a essere capaci di resistere sembrano essere i figli. Figli sotto le più mentite (e spesso smentite) spoglie. Tra un uomo che scompare e una donna che se ne va, restano i figli. E con loro resta infine il letto e il cuscino sotto cui Andrea – il nostro quarantenne in via di sparizione – ripone la testa proprio come si faceva da bambini, quando la paura di esistere era ancora inferiore a quella di non esistere per nessuno e forse nemmeno più per se stessi.

 

Chiara Valerio racconta i nostri anni più cancellati che perduti con leggerezza e la giusta dose di grazia, restituendoci una formidabile idea di figlio, capace di guardare là dove oggi sembra non esserci più nulla, nemmeno il battito di un cuore.

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