Foto Unsplash

La logica del martirio e i compiti di Geografia. “Se non ci fossi io”

Annalena Benini

La tendenza degli uomini a fare la faccia stravolta quando sentono il peso della serietà

Da quando è ricominciata la scuola, ho molte difficoltà a parlare con mio marito di qualcosa che non siano i compiti di prima media di nostro figlio.

 

E’ uscito Bianco di Bret Easton Ellis, gli ho detto ieri mattina, c’è un saggio che devi leggere assolutamente, si chiama “Post-impero”, è divertente ma anche terribile, comincia poco prima dell’11 settembre 2001. Lui mi ha guardato con gli occhi di vetro e ha rimesso gli occhi sul telefono. Mi hai fatto venire in mente la fine dell’Impero romano d’Occidente, ha risposto, devo controllare il registro elettronico: Giulio non sa niente e domani lo interrogano di certo, è una catastrofe.

 

Ultimamente mio marito dice spesso: catastrofe, e sempre dopo aver controllato il registro elettronico. Dice anche: tragedia, disastro, e dice: inferno. E dice: così non si può andare avanti. E fuma di più, e anche a tavola non si separa mai dal registro elettronico. Non ride nemmeno se gli racconto le mie disavventure all’Agenzia delle entrate, non è felice neanche se faccio il risotto con il radicchio e il taleggio, mangia poco, scuote spesso la testa e cerca sulla Treccani: il mito vichingo. Se gli dico: andiamo da tua madre sabato? (non: andiamo alle Maldive), mi guarda scandalizzato e dice: e i compiti? E poi fa delle facce. Gli uomini, ho notato, hanno la tendenza a fare delle facce quando dicono delle cose serie. Forse perché sono stravolti dalla fatica della serietà e allora gli si stravolge un po’ anche la faccia. 

 

E’ vero che Giulio non sa niente, e vive entusiasta del suo niente fino alle nove di sera, quando il niente va trasformato necessariamente in qualcosa anche di approssimativo, e non è facile convincerlo a studiare per più di sette minuti di seguito, ma io non riesco a considerarlo un inferno. Non dopo un mese di scuola, ma forse nemmeno dopo otto anni.

 

Perché sei superficiale, è la risposta, perché a te importa solo che abbia la merenda, non ti sconvolge che non sappia le definizioni di enti geometrici, non pensi al suo futuro. A me per la verità interessa anche che abbia una maglietta carina addosso e vorrei sapere se c’è qualche compagna innamorata di lui (spero di sì) e se anche lui la ama (spero di no), accetto di essere un cliché ma come posso accettare l’accusa di superficialità se soltanto due sere fa ho tradotto una versione di Latino sul ratto delle Sabine senza mai guardare il vocabolario? Ma lui insiste che io mi preoccupo solo delle cose inutili, e che quando c’è Geografia mi imbosco oppure chiedo a tutti se vogliono un budino. E’ vero, quando c’è Geografia mi imbosco, e anche quando c’è Storia mi imbosco, ma quanto è buono il budino al cioccolato mangiato sul divano di sera? Per cosa verremo ricordati, per le ricerche di Geografia o per i budini nei momenti difficili? E comunque ho letto il tema di Italiano di mio figlio e mi sono commossa: “Ogni volta che esco da scuola sento la freschezza dell’aria e sono felice”. Per la commozione gli ho dato cinque euro. Quindi non è vero che non mi interesso dei suoi compiti di prima media, nemmeno dopo aver contestualizzato la prima media nell’immensità e insieme nella limitatezza dell’esistenza. Mio marito dice: sei un’irresponsabile. Io dico: smettila di fare il martire. Lui dice: se non ci fossi io. Io dico, e ammetto che la faccia potrebbe cominciare a stravolgersi anche a me: attento a non esagerare.

 

A questo punto inizia di solito una discussione cruenta, in cui io agito il recipiente graduato degli esercizi di Scienze, finché Giulio si ricorda di farci firmare un avviso: domani la professoressa di Storia e Geografia è assente, si entra a scuola alle dieci. Niente interrogazione, niente Impero romano caduto, niente catastrofe. Mio marito accenna un sorriso, il primo da settimane, sta per mollare il martirio ma poi prende il guinzaglio e dice: se non ci fossi io, il cane sarebbe già morto.

Di più su questi argomenti:
  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.