Aspetta un attimo, sono su TikTok. Il desiderio di scappare di casa
Che cosa sono i giga e perché finiscono, gli gnocchi di semolino e un biglietto d’addio
Aspetta un attimo, sono su TikTok.
Ma la cena è pronta, ho fatto gli gnocchi di semolino, amore vieni subito, li ho fatti uguali a come li cucinava mia nonna (questa sera mi aspetto gli applausi, la commozione, un mazzo di fiori, la gratitudine dell’universo, una musica). Aspetta quattro minuti, ok? No. Ma sto facendo un video in cui la lingua mi si allunga fino a terra e diventa una fiammata, è importante. No, vieni subito. Non ho fame, sto per diventare un tiktoker famoso, devo lavorare.
Giulio, te lo dico con calma: se non vieni subito sei finito. Mamma non ho fame, non puoi costringermi. Ti butto il telefono dalla finestra. Non sei più mia madre.
Mentre gli gnocchi si raffreddano, e si sa che vanno mangiati caldi, cerco mia figlia, che proprio non risponde: dal buco della serratura vedo che è in bagno e si fa dei selfie, ma mi urla che sta passando i compiti a una sua compagna. Ma è pronto, ci sono gli gnocchi, amore ti prego è importante, dico e so che mi trema la voce. La sento vacillare, le faccio pena, ma non abbastanza. Mamma scusa non ho molta fame, mi sono appena fatta due panini con il burro di arachidi. Vieni lo stesso, la cena è la cena.
La cena è la cena, e io parlo come una casalinga dell’Ohio negli anni Cinquanta. Ci sediamo a tavola in due, mesti, adulti un po’ curvi davanti a questi gnocchi di semolino sempre meno fumanti, e forse non così speciali, potevo gratinarli di più, anzi potevo ordinare il pollo fritto su Deliveroo – potevo scappare di casa senza nemmeno ordinare il pollo fritto su Deliveroo. Potevo lasciare sul tavolo i soldi per il cinese e sparire. Davanti a questi ormai evidentemente miseri gnocchi immagino il mio biglietto di addio: me ne vado, state troppo al telefono. Mio marito dice che però se lascio un biglietto nessuno lo vedrà mai, cadrà per terra e addio, meglio se faccio un gruppo di addio su whatsapp. Penso che abbia ragione, ma non riesco a trovare l’immagine adatta per il gruppo: forse un cielo azzurro con un palloncino, simbolo di libertà? O una mia foto perché si ricordino di me? Mentre cerco una mia foto che sia anche un po’ commovente e non la trovo, eccoli che arrivano. Si siedono a tavola, tenendo stretti i loro telefoni. Lui dice che gli ho rovinato il video, che non era più dell’umore giusto per trasformare la sua lingua in una lingua di fuoco, lei dice che la luce del bagno è orribile e la fa sembrare piena di brufoli e che è assurdo che il suo Instagram non abbia la musica, e che ha finito i giga ma proprio non capisce come mai. Anche lui ha finito i giga e proprio non capisce come mai. Anche il cane ha finito i giga. Mio marito non ha un’idea precisa di che cosa siano i giga perché vive ancora saldamente ancorato al Novecento, comunque li ha finiti.
A me non importa niente dei vostri giga, mi importa solo di questa ultima cena e degli gnocchi di mia nonna, e comunque faccio la valigia e me ne vado. Ma dove vai, mammina, dice mio figlio tiktoker, e il suo modo di chiedermi scusa è fare un selfie con me. Io vorrei resistere ma accetto subito le scuse, perché il selfie con lui è sempre stato uno dei miei sogni. Anzi un selfie di gruppo, perché adesso non possono dirmi di no, anzi vari selfie perché io non vengo mai bene al primo scatto, e mi serve un filtro bellezza, e non mi trovate invecchiata? Ma è la luce? Ne facciamo un altro? Magari in piedi? Più disinvolti come se non ce ne fossimo accorti? Si rifiutano, dicono basta, togli quel telefono dalla tavola, vogliamo mangiare gli gnocchi della nonna, anche freddi. Avete detto che non avete fame, che non vi piacciono, che vivete di burro d’arachidi. Mamma, però adesso davvero smettila, la cena è la cena.