Apollo che lungi saetti, aiutami tu: l'adolescenza è fatta di assoluti
Io urlo sempre, la stresso sempre, non l’aiuto mai, e le ho rovinato la vita con le cerniere
Mia figlia dice che io mi vesto molto male, e dice anche che è assurdo che io abbia sposato un uomo non muscoloso.
I maschi devono avere la tartaruga e un grosso pomo d’adamo, ha detto, e mi mostra certi ceffi su Instagram che potrebbero essere miei figli proprio come lei è mia figlia, ma questi ceffi hanno il corpo seminudo tutto pieno di montagnette e sono un po’ inquietanti. Secondo me hanno anche il mascara sulle ciglia, i capelli tinti e il rossetto, però non voglio sembrare retrograda quindi dico: che fico.
Sembro lo stesso retrograda perché mi distraggo, scrivo messaggi, mi addormento, cerco i biscotti alla Nutella su Amazon perché al supermercato sono sempre esauriti, e lei allora dice: non mi ascolti mai. Lei ha tredici anni e procede per assoluti: se per cinque minuti non la ascolto, non la ascolto mai, se mi arrabbio perché alle undici di sera le manca tutta la parafrasi e l’analisi logica di un intero canto dell’Iliade – avendo guardato serie tivù per tre giorni di fila – mi arrabbio sempre. Se le dico: ti prego raccogli quella roba da terra, la stresso sempre. Se difendo suo fratello a cui lei ha urlato: idiota, la accuso sempre. Se urlo perché dopo cinque ore non ha raccolto quella roba da terra, urlo sempre. Se non mi piacciono le Nike con le squame, mi vesto sempre molto male. Se le dico: finisci di mangiare quello che hai nel piatto, la costringo sempre. E se non so che complemento è “Apollo che lungi saetta”, non so mai niente.
Non lo so che complemento è Apollo che lungi saetta, non me lo ricordo, ma è quasi mezzanotte, su Google non c’è, il liceo l’ho fatto trent’anni fa e mi sento vecchissima e sconfitta, e allora urlo (“urli sempre”). E dico: adesso basta vai a letto (“non mi aiuti mai”).
Apollo che lungi saetti, torna qui (forse era moto a luogo?), prima facci vedere se hai abbastanza muscoli e un pomo d’adamo che sporge, poi togliti il mascara e di’ a mia figlia che l’assoluto esiste solo nell’Iliade (ma nemmeno per tutto il poema) e nell’adolescenza, dille che è troppo nervosa, forse è l’apparecchio fisso ai denti, forse sono i peli, saettale un po’ di calma, saettami un po’ di tregua. Lei adesso disegna i suoi futuri fidanzati muscolosi su tutti i quaderni durante l’ora di religione: hanno il ciuffo sugli occhi e grosse braccia, grandi felpe senza cerniera: non la voglio mai più la cerniera, mai più, mi ha urlato accusandomi di averla sempre ricoperta di cerniere.
Va bene, bruciamo tutte le cerniere, bruciamo anche me sul rogo delle cerniere, ma ti giuro, figlia mia impazzita, che io ho sempre odiato le cerniere sulle felpe e sui maglioni, però se qualche volta ho sbagliato e ho comprato cerniere per distrazione, per debolezza, adesso ti chiedo scusa insieme ad Apollo che lungi saetta. Inutile, non mi crede, è una furia contro le cerniere, dice che le cerniere le hanno rovinato la vita e che io mi vesto sempre molto male. Apollo mi trattiene e quindi non mi offendo, penso: è l’apparecchio fisso, e in ogni caso io ho più autocontrollo di Achille, sono migliore di lui. Se devo sacrificare qualcosa per far tornare la pace, sacrifico volentieri tutte le cerniere, tutto il mio orgoglio anticerniera. Addio cerniere maledette, vi trascinerò nella polvere e vi calpesterò.
Apollo che lungi saetti, non mi abbandonare, metti una canzone, tienimi la mano. Non sei abbastanza muscoloso, io te lo dico, e ti vesti sempre male, ma vieni da un altro mondo proprio come me, quindi adesso stammi vicino, ché la guerra è cominciata.