Bagno di lacrime
Il poeta traduce l’epifania della paternità. Dove vai? Dove scappi? Resta qui nell’incanto
Quando piange, il suo dispiacere sembra probante e inestinguibile. Ci sono solo i gatti a piangere così a lungo e così forte. I gabbiani non hanno alcuna perseveranza e le pavoncelle alcuna potenza. Solo i pianti dei gatti valgono quelli di Marino. Se i pianti dell’uno e degli altri si fanno sentire con una tale determinazione, significa che il gioco deve valerne la pena. Ma solo i pianti di Marino, realmente probanti, commuovono e fanno impazzire”. Il pianto dei bambini può essere utilizzato come cartina di tornasole del proprio stato emotivo.
Bisogna però qualificarsi: a quale emisfero appartieni? Sei un genitore? Hai a che fare spesso con dei bambini? Non vale il fastidio provato sull’autobus, al ristorante, per la strada mentre stai telefonando e mentre il tuo interlocutore ti racconta di una cosa fighissima ed esclusiva e tu ridi disinvolto proprio mentre una madre stanca ti si ferma di fianco per infilare il ciuccio in bocca al bimbo che piange e tu guardi quell’insieme di rottura di palle, e prosegui spedito, due passi avanti. Il pianto dei bambini bisogna averlo subìto. Bisogna averlo odiato. Bisogna esserne diventati immuni (può davvero succedere? Io dico di no). Ancora oggi quando vado a raccogliere mia figlia all’asilo guardo le insegnanti che sorridono, sorridono sempre. E mi chiedo come facciano. Cosa le guida. Cosa le tiene vive. Le ammiro e voglio loro molto bene. Ma scappo via.
Eugène Savitzkaya è uno scrittore da cui non ti saresti aspettato questo lungo poema delicato e romantico, goffamente mascherato da ammissione di colpa. La colpa è la sorpresa e il dolce imbroglio dell’amore leggero. Savitzkaya pare consapevole che l’incanto durerà poco, tornerà su di lui l’ombra e il dubbio. L’incanto del silenzio. “La prima volta che lo vidi, non aveva ancora espirato, era pallido e livido come dopo uno sforzo sovrumano, un grande spavento o un dispiacere; serrava nei pugni, malgrado la fatica, l’umidità vitale; aveva la stravaganza della salamandra axolotl a dispetto della forma innegabilmente familiare”. Intanto nelle sue pagine la bava, la cacca, l’urlo, il pianto appunto, si trasformano in reportage da entomologo emozionato, vinto dall’evento. Il poeta, che di questo parliamo, questo è l’autore, deve tradurre. “Quando ha assaggiato il riso per la prima volta Marino? Chi ha ipnotizzato Marino?”.
Ci si distacca lentamente dai primi tempi di genitori alla prima esperienza senza accorgersene. Tutti avremmo voluto tenere un diario intelligente che non siano le foto trionfanti su instagram, o le foto tenere su instagram, o le foto patetiche su instagram. L’abbandono e lo sconforto non appartengono a quella fase, e scompaiono nella fase successiva: la memoria è vinta dal presente, e il presente si riempie di cose, cose, cose da fare. La creatura, che qui è Marino, deve essere proseguita e perseguita, non la si può lasciare al primo latte, prima cacca, pianto, starnuto, febbre, vomito, ansia.
Il libro invece è un elenco di epifanie e, monumento, si ferma lì. Sembra avere pietà di tutto quello che viene dopo e sembra potere, con i deliziosi strumenti delle lettere, fermare un momento, più momenti, in cui quella luce è forte, ineludibile. Dove vai? Dove scappi? Devi stare qui. Devi stare qui e adesso. Se hai altro da fare, è un da fare sciocco, è inutile. Devi rinviare tutto. Il sentimento che il genitore nuovo si trova a maneggiare, è quello dello spostamento di ogni cosa in avanti. Ci sarà tempo, poi. Non sarà mai vero, non ci sarà più tempo. Così provi l’umiliazione del non poter fare, senza via di uscita. E la tua vita si modella su questa nuova forma di galleria dello spazio e degli eventi, in cui le bestemmie e le imprecazioni al tuo essere quello di prima, che si è fatto fregare nel divenire quello di adesso, sono dolcezza. Niente di più. Tanto di meno. Dolcezza.
Non puoi raggiungere la completa trasformazione in adulto se non nello sconforto e nella presa di coscienza. La gioia, l’armistizio, la possibilità della disillusione, sono strumenti che ti vengono posti in mano senza che tu ti sia messo in coda per riceverli. Ecco. Ecco qui. Oppure ecco Marino, è arrivato. E con lui un nuovo te stesso. Tanti auguri. “Marino conosce la grande e la piccola tristezza. La prima non può essere risolta. La seconda può essere risolta solo da un bagno di lacrime. Il bagno di lacrime vivifica, lava il cuore, e promette grande chiarezza”.