Il ragazzo accanto al fosso e il doppio sguardo di rovina e di sole nei versi di Marcoaldi
Ogni santo pomeriggio, sale in sella alla sua moto e fa un giro del piccolo isolato per scendere lungo un pianoro di terra. Resta lì con il suo casco coloratissimo, a metà strada tra Valentino Rossi e Caspar Friedric
Cara Annalena, perché questa mia mail? Non saprei. La rubrica de “Il figlio” racconta il quotidiano personale un po’ di tutti e mi sento, spesso, rincuorato nel leggere quelle parole. Capita anche ai più anziani tra i giovinastri. Sono giorni - inutile ripetersi – dove ognuno, in misure e portate diverse, affronta la paura ed il dolore. La morte, poco dolce e molto amara, che alita sulle nostre spalle a ricordarci, un po’ come facevano le lacrime per Giovenale, che siamo umani. Eppure, dal balconcino soleggiato di una villetta residenziale, in un paesino poco più a Sud dei Santi e di Simonetta Sciandivasci, c’è un ragazzetto che ho visto crescere e di cui ignoro la voce che, ogni santo pomeriggio, sale in sella alla sua moto e fa un giro del piccolo isolato per scendere lungo un pianoro di terra che si affaccia su di un fosso. Resta lì con il suo casco coloratissimo, a metà strada tra Valentino Rossi e Caspar Friedrich, a guardare un fosso a strapiombo, senza nuvole, rosso di terra di terra e fossi incontaminati. Dopo torna a casa, nella forzata e giusta attesa di un risveglio. Lo guardo e mi fa tenerezza. Il suo viaggio è intatto “tra le mura” eppure par quasi che si senta sollevato. Ogni tanto, tra me e lui si contrappongono i rami di un fico che torna in fiore ed allora penso che è distante da noi quel presagio oscuro che gli antichi romani attribuivano ai fichi malati. Quel ragazzo è sempre lì, a riguardar i gruccioni che faranno i nidi sulle pareti di sabbia per volare di colori e vita sotto il sole cocente dell’estate. Lui di quei gruccioni ha i colori e le speranze. Forse ha ragione Franco Marcoaldi quando nella sua poesia “Il Doppio Sguardo” chiosa: “E’ questa la fatica / a cui siamo vocati: sostenere / un doppio sguardo, capace / di fissare in faccia la rovina /e assieme la lamina di sole” . L’ho guardato anche poco fa. Sai cosa ho pensato? Quel ragazzo è Salgari e il suo pianoro d’erbacce e fichi è Mompracem.