Ho deciso di non entrare più nelle stanze dei miei figli, a meno che la stanza stia andando a fuoco, a meno che dal mio ingresso in quella stanza dipenda la salvezza della loro vita. L’ho deciso in questa fase due, o fase trecento, in cui quasi tutto quello che mi serve, e di cui ho voglia, sta fuori casa: gli spaghetti alle vongole, le librerie, gli amici, la convalescenza euforica, la primavera che è già diventata estate, le peonie dal fioraio, i vestiti più leggeri che dovrei comprare ma non so se sono più capace di entrare in un negozio, e anche l’ufficio, che mi manca da morire, dopo avere passato anni a fuggirlo.
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