Grazie, Rowling
Ha regalato ai bambini il regno di Cornucopia, e a noi la diretta mondiale dell’infanzia felice
Confesso che ho truffato. Avevo otto anni e nessun talento particolare. Speranzosa, m’iscrissi a un corso di chitarra e alla sesta lezione il maestro mi disse che avrei fatto bene a lasciar perdere, e io sentii un dolore acuto e lungo che sento ancora adesso, tutte le volte che vedo una chitarra (piuttosto spesso). Tornai a casa, piansi, e mi misi a fare il compito di disegno. Disegnate la natura, ci aveva chiesto la maestra, dicendoci anche che i migliori sarebbero stati spediti a un concorso regionale, e io avevo molto riso perché mia nonna quando voleva dire “vagina” non diceva patatina, farfallina, cosina: diceva “la natura”.
Mi impegnai, ma siccome tra le cose che non sapevo fare c’era anche disegnare, venne uno schifo. Andai da mia madre, le chiesi aiuto e lei rise, mi disse ma sei pazza, io piansi, mi disse ma sei scema, urlai, mi disse andiamo da zia, disegnatrice, che ci aiutava tutte le volte che mi veniva affidato un compito di educazione artistica impossibile, “da grandi”, come diceva lei (il mio preferito: “fai una maschera greca in pasta di sale rispettando i canoni policletei”). Quella volta fece un capolavoro, quasi un Monet, io vinsi perfino il concorso perché “colpisce la dovizia di particolari molto realistici”, e fu peggio, mi vergognai e non ebbi il coraggio di dire la verità, e capii che avevo avuto quello che meritavo, perché avevo frignato per avere, mentre io volevo dire.
Qualche settimana fa, J.K. Rowling ha annunciato che avrebbe pubblicato a puntate, sul suo sito, una fiaba che ha scritto anni fa, “The Ickabog”, per tenere compagnia ai bambini in questo periodo di libertà vigilata in cui s’è tornati a ballare in punta di piedi, e ha anche detto che ci sarebbe stato un concorso per bambini: disegnate i personaggi della storia, mandatemeli, i migliori verranno impaginati nel libro che sarà pubblicato in autunno. Poche ore dopo i primi due capitoli della favola erano online e i bambini di tutto il mondo avevano già disegnato il principe, il mostro, Lady Eslanda, il regno di Cornucopia, e i loro genitori avevano fotografato e twittato tutto all’indirizzo di Rowling, che a sua volta riceveva, commentava, ringraziava, ritwittava. Sono rimasta per ore a guardare questo traffico gentile, un Social network che si trasformava in una scuola elementare, un asilo, un giardino, senza schiamazzi, flauti, papà e mamme sfibrati, bambini capricciosi, e dove tutto era concentrazione e concretezza, e mi sono resa conto che stavo assistendo a uno strepitoso homeschooling in diretta mondiale. E anche quando sono andata a dormire e Rowling ha smesso di twittare e ritwittare, ho pensato che quell’aula rimarrà aperta sempre e tutti ci potranno entrare dentro e portare un disegno, anche a concorso finito. Rowling, donando un suo libro, è riuscita a tenere il mondo in una stanza e a popolarla di bambini che hanno giocato insieme senza essere insieme, e questo prodigio non poteva che riuscire a lei, ed è stata la cosa più bella di tutta la quarantena, e per farla non c’è voluta una task force, è bastata una scrittrice. A un certo punto è arrivata Rowling e ci ha salvati tutti da Netflix, Disney plus, compiti in classe su Skype, passeggiate in terrazza, e quel perimetrare tutto che è diventata la nostra vita. E’ arrivata Rowling ed è bastato disegnare per non essere soli, ed essere migliori, e immaginare un mondo nuovo, e forse anche farlo. E’ arrivata lei e i bambini potevano di nuovo essere bambini, e non corridori, maratoneti, vincitori di concorsi, piccoli guerrieri, primi o secondi o diciottesimi classificati.
Ora J.K. Rowling non ritwitta più
Ho salvato nel mio telefono tutti i disegni, controllando ogni giorno il suo profilo Twitter, ormai la mia Ansa. Più li guardo e più m’accorgo che sono tutti fedeli alle parole di Rowling, perché lei quando racconta è precisa, assegna ruoli, funzioni, non ha paura di dire biondo, femmina, maschio, ramarro, carne, pesce, quindi è anche successo che per questo sia stata punita. Lo stesso Twitter dal quale ha dato un salotto accogliente a tutti i bambini del mondo, le si è rivoltato contro per l’ennesima volta proprio adesso, accusandola d’essere transfobica per aver detto che le donne esistono e si chiamano donne, non “persone che mestruano”. Da quando questa tempesta che forse è finita, perché lei ha deciso di raccontare di aver subito una violenza sessuale e di aver avuto un marito violento, Rowling ha smesso di ritwittare disegni. Riprenderà, naturalmente, perché intanto quella stanza è rimasta aperta e i bambini hanno continuato ad andarci, a riempirla di Ickabog, del tutto ignari della guerra miserabile che anche in nome loro certi adulti stavano conducendo contro la donna che li ha salvati, chiamandoli bambini.