Il Figlio
Verità universalmente riconosciuta: nei lockdown servono gatti
Bisogna prepararsi come per gli uragani, e prendere decisioni improvvise. Grazie gattare
Il problema più grande nella decisione di prendere un gatto è il fatto di avere un cane che odia i gatti. Il problema più grande, insomma, è quello della sopravvivenza del gatto o del cane. Non sarebbe giusto, pensavo, prendere un gatto dalla strada, dove magari stava benissimo e godeva di un certo prestigio, per gettarlo nelle fauci di un cane emotivo con sindrome da abbandono, convinto che i gatti vogliano rubargli l’anima o almeno la famiglia. Mi mancavano molto i gatti, ma non potevo abbandonare il cane, soprattutto perché ormai tutti lo conoscono e non vedendolo mi avrebbero chiesto di lui, e i miei figli non mi avrebbero mai permesso di lasciarlo in un autogrill, ma poi io in autogrill non ci vado mai perché non guido, e comunque so che non si abbandonano i cani all’autogrill e voglio molto bene al mio cane. Anche se mi guarda sempre come per dirmi: vorresti abbandonarmi all’autogrill, vero?, quindi se lo abbandonassi sarebbe perché lui con il suo vittimismo mi ha dato l’idea dell’autogrill. Insomma, niente gatto per colpa del cane.
Ma poi è arrivata questa seconda ondata, o comunque sta arrivando, e per le ondate come ha detto Ilaria Capua bisogna prepararsi bene prima come per gli uragani. Molte scatolette di tonno, un saturimetro funzionante e la convinzione di non uscire più di casa. Ma è una verità universalmente riconosciuta che non ci si può chiudere in casa senza un gatto che fa le fusa e distrugge il divano. E poiché io amo tanto la mia città, Roma, anche quando tutti la odiano, la mia città mi restituisce l’amore attraverso molte cose bellissime, e una di queste è l’esistenza organizzata delle gattare. Le gattare vanno in giro a salvare gatti anche durante le pandemie, e hanno gabbie, cibo, copertine e un giro di veterinari che le temono molto e obbediscono a tutte le richieste di giorno e di notte. Così, mentre io non avevo ancora osato pronunciare la parola: gatto, sul telefono mi è arrivata la foto di un gatto molto piccolo trovato sotto un’automobile in quei giorni di pioggia continua. Un mese di vita al massimo, e le macchie bianche e nere come il mio cane, quindi sicuramente emotivo e con turbamenti da autogrill.
Ho scritto solo: lo prendo io. Ho pensato anche: è stata Roma. Ho detto ai miei figli che c’era una sorpresa, e che non avrei accettato mai più un lamento da qui ai loro trentacinque anni. Mio figlio ha gridato: è un pappagallo?, io ho ringhiato: no. Hanno gridato in coro: allora è un gatto, e io ho ringhiato: no. Perché davvero volevo che fosse una sorpresa, ma la sorpresa l’hanno fatta le gattare a noi. Sono arrivate, eroiche, sicure, aggressive, indagatorie, brusche, ancora bagnate di pioggia, e dal trasportino rattoppato sono usciti due minuscoli gatti ancora malfermi sulle zampe. “Sono fratello e sorella, che volemo fa’?”. E che volemo fa’, ha detto mia figlia sdraiata per terra con gli occhi luccicanti. E che volemo fa’, ha ripetuto mio figlio con un gattino in testa. Il cane ha abbaiato, ma piano, e la gattara gli ha detto: bravo cane tieni un po’, e dalla tasca gli ha lanciato un biscotto, e Fix ha fatto la faccia da autogrill felice. E che volemo fa’. Che domande. Così adesso due gatti molto piccoli inseguono un cane molto grasso che scappa, e in qualche modo si sono convinti che lui sia la madre, o almeno uno zio grasso, e vogliono assolutamente dormire fra le sue zampe.
Per una settimana ho cercato di proteggere i gattini dalla gelosia del cane, e non ho dormito la notte per controllare che fossero tutti ancora vivi. Ho anche pensato di trasferirmi io in un autogrill, da sola. Poi una mattina la femmina è scomparsa per ore, io ho controllato dentro la bocca del cane ma non c’era, ed è stato proprio lui a ritrovarla: dormiva infilata dentro un tappeto arrotolato. Da quel momento, qualcosa è cambiato. Fix ha iniziato ad annusare i gatti, e a sostenere il loro sguardo e le loro micro zampate. Ieri per la prima volta li ha leccati, e mia figlia ha detto: comunque non credo che li stia assaggiando. Non credo nemmeno io, visto che adesso dormono abbracciati. E’ stata Roma.