Il Figlio
Compagna cattiva
Ho 19 anni, soffro di anoressia da quando ne avevo 12. Questa lettera è per voi: si può guarire
Stanotte ho vissuto la più romantica storia d’amore che abbia mai immaginato. E no, non mi sono svegliata “proprio sul più bello”. E nemmeno ci sono stati baci. Solo dolcezza e libertà. Nessun uomo mi ha mai guardata così. Uno sguardo diverso da quello di mia madre. Un amore che non ho mai provato se non, appunto, ad occhi chiusi.
E’ stato uno di quei sogni in cui si sa bene che il mondo in cui ci troviamo non è la realtà. Ma ce ne freghiamo perché la dimensione fantastica in cui precipitiamo nella notte è più piacevole di quel che succede quando si aprono gli occhi.
Per me è così da un po’ di mesi a questa parte. Gli unici episodi di spensieratezza concessi sono quelli trasmessi dal mio subconscio.
Ma i tempi non sono più bui come una volta, quando non intravedevo neanche col binocolo uno spiraglio di luce.
Nella vita di tutti ci sono alti e bassi. Montagne da scalare e vallate in cui passeggiare tranquillamente. Ecco, io sono in collina.
Passetto dopo passetto mi sto allontanando da una compagna che mi è stata vicina per molto tempo. Cadendo nella sua trappola, ho perso il treno dell’adolescenza. Viene definita da molti la migliore delle età: quella dei 15 anni, quando non fai altro che uscire con gli amici, dimenticando i compiti per il giorno dopo; quella dei 17, con sigarette scaglionate tra un’ora e l’altra, serate di gioco. E che dire dei 18, mentre si passa ad una festa di compleanno all’altra, aspettando solo che arrivi il tuo momento, intanto che la maturità incombe.
Il mese in cui ho raggiunto la maggiore età pensavo solo a camminare. Almeno un’ora di seguito al giorno. Nella mia camera. In tondo. Come un criceto in una gabbia. Fuori faceva troppo freddo.
Andava avanti così da molto e avrebbe continuato ancora. Ore intere trascorse a pensare a come nascondere il cibo, introdurre meno calorie possibili nel mio corpo, controllare che nessuno mettesse troppo olio o cucinasse qualcosa di diverso da quello che volevo io… da quello che voleva la mia compagna.
La frase che mi ripeto quando penso a come, di solito, si trascorrono quegli anni è “la bellezza della vita dipende dal tuo sguardo”.
Posso ancora vivere la mia età più felice. Sto lavorando per questo. Sto lavorando per la mia libertà. Sto lavorando per la mia felicità.
Non è possibile tornare indietro al passato per cambiare le cose. E non lo dimenticherò, il passato. Ha fatto parte di me. Se ora sono questa persona è anche grazie a quello che ho vissuto.
Ho quasi 20 anni e da quando ne avevo 12 soffro di anoressia. Parlo al presente perchè non posso dire di esserne ancora uscita. Da un anno, però, ho deciso di dire basta e di iniziare a impiegare le mie forze per guarire. Ci è voluto parecchio per capire che non serviva a nulla inseguire una compagna che mi ha portato via il sorriso, le cene con le amiche, il cinema, lo studio matto e disperato, i baci rubati, le litigate coi fratelli. Non ha lasciato spazio ai momenti di svacco e risate davanti alla tivù o scherzando a tavola. Non ha lasciato spazio per gli abbracci alla mia mamma.
Una compagna così gelosa della mia vita, che stava per portarmela via.
Insieme a me ha sofferto la mia famiglia. Di un dolore profondo e asfissiante. Mamma, papà, mia sorella, i miei fratelli. Sono la sola ad aver procurato loro un male indelebile.
Ho capito che il modo migliore per trasmettergli del buono è volermi bene. Volermi bene davvero. E’ stata la mia mamma a dirmelo una volta: “Non puoi voler bene agli altri se non lo vuoi a te stessa per prima”.
Voglio testimoniare che è possibile stare meglio. E’ possibile guarire. Lo dico anche per me. Mollando la presa da questa malattia, ho riscoperto chi sono. Ed è bellissimo conoscersi giorno dopo giorno. Gli interessi, le passioni, le debolezze, i difetti. Tutto ciò che di buono e di meno piacevole c’è in me.
Il periodo che stiamo vivendo non aiuta nessuno. Men che meno chi ha un disturbo alimentare. La cosa migliore da fare è utilizzare al meglio ciò che ci è dato. Ciò che siamo. Io ho scoperto che sono sempre tanto felice quando aiuto le persone a cui voglio bene. Sto con i miei fratelli, do loro una mano e cerco di farli ridere perché mi piace vederli contenti.
Vorrei dare un consiglio: per i genitori, i fratelli e chi è in casa con figli o fratelli con questi disturbi, stai il più possibile vicino a lei. Stai il più possibile vicino a lui. E’ quando si rinchiude in se stesso che ha più bisogno.
E tu, se mi stai leggendo e convivi con questa compagna cattiva, parla. Potrei dirti tanto altro ma so che non servirà perché la decisione di mollare la presa dalla malattia è solo nelle tue mani.
Parla e impara ad amarti. Proprio come ti ama la tua mamma.