Avevo un’amichetta che pesava cento chili. Lei settanta, io trenta. Diceva sempre: ti supero di quaranta! E rideva. E allora ridevo anche io. Una volta, dopo aver fatto i compiti insieme e aver giocato e guardato Peter Pan, il nostro preferito perché nessuno si sposava e tutti volavano, decidemmo di copiare gli indiani del film e prendemmo a fare giravolte e capriole davanti alla tv, sul tavolino del soggiorno, uno di quelli che reggono il peso di un paio di riviste e di un vaso con i fiori, e infatti lo sfasciammo alla seconda capriola, la mia. Dissi a mia madre che era stata lei, certo che era stata lei, con quei quaranta chili in più, e mia madre non si arrabbiò, nè mi punì. La sentii raccontare tutto a mio padre, ore dopo, e la sentii dire “poverina” e sapevo che non parlava di me, la sentii ridere e sapevo che non rideva di me.
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